Durante l’ Expo 2015 Milano, il Governo italiano aveva indicato come obiettivo per il settore alimentare un aumento dell’export che arrivava a 50 miliardi di euro entro il 2020. 

Non ci siamo riusciti, ma con il ritardo di un solo anno, dovuto all’emergenza Covid, l’alimentare Made in Italy sta facendo registrare il record storico  nelle esportazioni con un balzo dell’11,2% nel 2021 e punta concretamente verso la storica cifra di 50 miliardi di euro mai registrata nella storia dell’Italia. E’ ciò che si deduce dalle proiezioni di Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nei primi sei mesi del 2021.

Proprio durante l’Expo 2015 Fabio Antoldi, Direttore del Centro di ricerca per lo Sviluppo imprenditoriale (CERSI) dell’Università Cattolica, aveva spiegato che “L’internazionalizzazione  denota inequivocabilmente il Dna delle imprese di successo, un processo non recente e che si sta allargando: stanno comparendo nuove direttrici di export che sono prevalentemente Stati Uniti, Canada e mercati asiatici. A ciò si associa spesso una notevole capacità innovativa, incrementale non radicale, che si manifesta soprattutto nel packaging, nei nuovi formati e nel lancio di nuovi prodotti”. Una analisi/previsione che si è avverata nonostante le difficoltà degli scambi commerciali e il lockdown in tutti i continenti della ristorazione che ha pesantemente colpito la cucina italiana ma anche favorito il ritorno in tutti continenti alla preparazione casalinga dei pasti con il boom delle ricette Made in Italy.

L’emergenza sanitaria Covid – precisa infatti la Coldiretti – ha provocato una svolta salutista nei consumatori a livello globale che hanno privilegiato la scelta nel carrello di prodotti alleati del benessere come quelli della dieta mediterranea. E si attende nei prossimi mesi l’impatto positivo sulle vendite all’estero della vittoria agli europei di calcio che hanno dato prestigio all’immagine del Made in Italy.

Tra i principali clienti del Made in Italy a tavola ci sono gli Stati Uniti che si collocano al secondo posto ma fanno registrare l’incremento maggiore della domanda con un balzo del 18,4% favorito dall’entrata in vigore l’11 marzo 2021 dell’accordo tra il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente Usa Joe Biden sulla sospensione di tutte le tariffe relative alle controversie Airbus-Boeing che ha eliminato i dazi aggiuntivi del 25% alle esportazioni in Usa di Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi, cordiali e liquori come amari e limoncello.

Positivo l’andamento anche in Germania che si classifica al primo posto tra i Paesi importatori di italian food con un incremento del 6,8%, praticamente lo stesso della Francia (+6,7%) che si colloca al terzo posto mentre al quarto la Gran Bretagna dove a causa della Brexit, con l’appesantimento dei carichi amministrativi, l’export alimentare crolla invece del’4,6%. Fra gli altri mercati – evidenzia la Coldiretti – si segnala la crescita del 16,5% in quello russo e un vero e proprio balzo in avanti di quello cinese con +57,7%. Un successo che – sottolinea la Coldiretti – fa gola ai falsari del Made in Italy con più due prodotti agroalimentari su tre che sono tarocchi per un valore che ha superato i 100 miliardi di euro nel mondo, dove continuano ad aumentare come dimostra anche – evidenzia la Coldiretti – la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale cilena delle domande di registrazioni dei tre marchi “Asiago”, “Bologna” e “Parmesan” da parte del Consorzio statunitense CCFN (Consortium of Common Food Names).

Il commento del Presidente della Coldiretti Ettore Prandini 

“L’Italia può ripartire dai punti di forza con l’agroalimentare che ha dimostrato resilienza di fronte la crisi e può svolgere un ruolo di traino per l’intera economia” ha affermato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia Made in Italy serve anche agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo”. “Una mancanza che ogni anno – continua Prandini – rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” legata ai trasporti e alla movimentazione delle merci. Il Recovery Plan – conclude Prandini – rappresenta dunque una occasione unica da non perdere per superare i ritardi accumulati e aumentare la competitività delle imprese sui mercati interno ed estero”.