La cucina questa volta ci porta nel lontano e affascinante Giappone e precisamente nella capitale dove non solo da molti anni lavorano bravi chef italiani, ma dove esiste un Ristorante tutto abruzzese anche nel nome: La “Trattoria dai Paesani” di Giuseppe Sabatino e Davide Fabiano.

L’idea sarebbe stata di fare un “salto” a Tokyo, dove, tra l’altro, vive  la parte più importante della mia famiglia e della mia vita, ma si sa che in questo periodo non è possibile e il contatto con il giovane Chef Davide Fabiano, classe 1986, è possibile solo da “remoto”.

La Pasqua in Giappone si chiama Hanami 

Nel periodo pasquale sarebbe stato  proprio il momento giusto per andare nel Paese del Sol Levante perché siamo in piena fioritura dei ciliegi, simbolo della primavera in Giappone. L’Hanami (“hana” sta per fiori e “mi” sta per guardare, ammirare) è la festa millenaria in cui si assiste alla fioritura del ciliegio.

Il Sakura (fiore di ciliegio)  in questo periodo colora il Paese nipponico. E’ questa la “Pasqua” giapponese, la festa della rinascita, l’occasione per celebrare la bellezza della Natura e “immergersi” in essa.  Mangiare sui prati sotto la cascata di petali in compagnia di amici e parenti è l’occasione che i giapponesi aspettano tutto l’anno.

Da quando vivi in Giappone Davide?

“Sono arrivato qui nel 2009 e sono ormai 11 anni che vivo a Tokyo.

Dopo essermi diplomato  all’Istituto Alberghiero di Villa S. Maria (CH) nel 2005, sono andato a lavorare nella capitale, presso il famoso Ristorante “I 3 Scalini” a piazza Navona.  Dopo appena un anno ho avuto una importante offerta di lavoro a Londra, non ci ho pensato due volte e sono volato in Inghilterra anche per imparare bene l’inglese, necessario passaporto per poter lavorare all’estero. Per qualche tempo sono stato cuoco presso il  Ristorante italiano “Al Volo”, qui ho conosciuto quella che oggi è mia moglie, e ho deciso di seguirla in Giappone.

Per chi fa il mio mestiere è normale ritrovarsi a vivere molto lontano da “casa”. A me è capitato che la donna della mia  vita fosse giapponese e allora mi sono fermato qui e ora oltre ad una moglie ho anche una bellissima bambina di 6 anni e un maschietto di 6 mesi. Tutti giapponesi in casa, l’unico straniero sono io! Spero di riuscire a trasmettere loro lo stesso amore che ho io per la cucina, per l’Italia e per la mia terra. Quando questa pandemia sarà finita desidero tanto portarli in Abruzzo  dove il loro papà è nato. 

-Come ti è venuto in mente di aprire un ristorante abruzzese a Tokyo?

Appena arrivato in Giappone, armato di molta buona volontà e speranza, mi sono messo a cercare lavoro. Per una serie di eventi fortunati mi sono ritrovato a fare un colloquio con l’allora Ambasciatore Vincenzo Petrone, che stava cercando un cuoco italiano che potesse mandare avanti la cucina della residenza istituzionale, e prendersi cura degli eventi, delle colazioni e pranzi di rappresentanza. Avevo appena 23 anni. Non senza timori per l’alta responsabilità che il compito comportava, decisi di provarci e di onorare al meglio la bella opportunità che mi veniva offerta. Diedi il massimo nel periodo di prova. Avevo solo un mese prima che il mio visto turistico scadesse, ma al termine della prova non mi assunsero e mi salutarono con il fatidico “le faremo sapere”! Avevo lasciato il mio curriculum anche in tutti i ristoranti italiani, ma nessuno mi aveva chiamato. Dovetti ritornare a casa, in Abruzzo, dove rimasi ad aspettare l’eventuale chiamata con qualche speranza, ma con fiducia. Nel mio paese, a Roccaspinalveti (Chieti)  torno sempre molto volentieri, è il luogo per me più bello del mondo. Ma all’epoca sognavo di tornare in Giappone!

Mio padre, conoscendo la mia passione per la cucina, mi aveva spronato a scegliere la scuola dei cuochi. Fin da piccolo ho sempre lavorato nel locale dei miei genitori nella vicina S. Buono dove si proponeva la cucina povera contadina, quella della tradizione. Da bambino aiutavo mia nonna. Mi piaceva ronzarle attorno e lei mi lasciava sempre toccare, assaggiare, “giocare” con quello che stava preparando. Mio padre, esperto di sala, mi ha saputo tramandare l’amore per il buon cibo e la disciplina. E poi c’è mia madre, la mia life coach con la quale ancora oggi amo discutere dei miei piatti e per la quale adoro cucinare ogni qualvolta che ritorno a casa, soprattutto per avere il suo giudizio e i suoi preziosi suggerimenti. Quando l’attività dei miei fu chiusa, durante le vacanze estive  andavo nella riviera romagnola, non in vacanza, ma all’Hotel Milena di Rimini come aiuto cuoco.

Un bel giorno, mentre ero a casa a vendemmiare con i miei genitori, e avevo quasi perso la speranza, arrivò la chiamata dell’Ambasciata Italiana che mi chiedeva di tornare al più presto a Tokyo perché  mi volevano lì come cuoco.  Sono stati 4 anni molto interessanti e importanti per la mia formazione. Professionalmente ho potuto mettere a frutto tutto il mio bagaglio di conoscenze e arricchirlo con il gusto e la raffinatezza giapponese. Superare questa non facile prova è stato fondamentale per acquisire sicurezza e il coraggio per affrontare nuove sfide. Alla fine del mandato dell’ambasciatore Petrone è terminata anche la mia  prima esperienza in Ambasciata. Ero curioso di esplorare anche altre realtà, ma sempre in Asia e ho deciso di andare a Singapore dove ho lavorato come chef  presso Otto Locanda  locale italiano che ha aperto proprio con il mio arrivo.  Sarei rimasto volentieri in questa città-stato, importante meta turistica, una sorta di microcosmo dell’Asia, popolata da Cinesi, Malesi, Indiani e moltissimi stranieri, famosa anche per la sua squisita cucina, ma non riuscendo ad ottenere il visto per mia moglie, sono tornato in Giappone a lavorare di nuovo in Ambasciata. Conoscevo già un altro abruzzese Doc emigrato in Giappone molti anni prima di me, Giuseppe Sabatino originario di Castelguidone (CH), un paese vicino al mio. Con lui condividevo l”abruzzesità”, il forte legame con le nostre radici, la “coccia tosta”, ovvero la forte tenacia e determinazione di chi ha la testa dura, e come lui, nonostante tutto, sentivo la mancanza degli affetti lontani e avevo nostalgia  della  terra e della gente d’Abruzzo. Fra di noi è subito nata una salda amicizia e un forte sodalizio che ci ha portato all’idea di aprire un ristorante abruzzese, non un ristorante italiano, ma uno che attraverso i sapori e i piatti tipici della nostra tradizione potesse farci sentire meno la mancanza del luogo di origine e ci permettesse di far conoscere in una realtà così diversa e lontana il nostro piccolo mondo antico.

E così nel 2014 è iniziata l’avventura de “La Trattoria dai Paesani” a Tokyo! Una bella sfida!

Quali prodotti e specialità propongono “i Paesani”? Che tipo di cucina e quali piatti sono più apprezzati dalla clientela del Sol Levante?

Alla nostra clientela non proponiamo solo cibo e piatti tipici, ma una vera e propria esperienza, una full immersion in Abruzzo. Infatti il nostro ristorante è una specie di  museo, un centro di promozione culturale e turistico. Manifesti, quadri, cartine, foto, tantissimi libri e cimeli che raccontano dell’Abruzzo, alcuni dei quali molto antichi. Per sentirci a casa abbiamo fatto appendere due gigantografie  una del mio paese e una del paese di Giuseppe! Chiaramente, nonostante tutto questo la mia famiglia di origine, gli amici d’infanzia mi mancano molto, anche se sento mia madre tutti i giorni.

Non mancano nel nostro locale stendardi e bandiere: tutto parla abruzzese e ai nostri clienti offriamo non solo i sapori e i profumi più autentici della nostra cucina, la storia dei nostri piatti, ma anche le immagini del  luogo di origine delle nostre specialità.

Molta della nostra clientela viene da noi anche per mangiare i salumi, le salsicce che prepariamo sul posto in maniera artigianale, senza conservanti né coloranti. Tra i piatti più apprezzati ci sono anche le “pallotte cacio e ova”, la pizz’ e foje, ovvero la pizza di farina di granturco e le verdure miste “strascinate” ripassate, cioè in padella con aglio, olio e peperoncino.  La pasta alla “chitarra” all’abruzzese, i cavatelli, le sagne a pezz, i tajarill, gli arrosticini e la ventricina (salume tipico del vastese) sono fra i più apprezzati. Osiamo anche  proporre un piatto antichissimo della tradizione pastorale: la pecora alla callara.

In breve tempo ma non senza sacrifici e tanto lavoro sono riuscito ad avere molte soddisfazioni. Il Giappone mi ha offerto tante opportunità, ma l’unica cosa che non riesco proprio a trovare qua a Tokyo è il silenzio, quel silenzio che ti riempie l’anima, quel silenzio che riesco solo a ritrovare quando torno al paese e seduto sulla veranda di casa guardo la Majella al tramonto. Questo mi manca da morire”

Capisco, è il destino di tutti gli emigrati avere qualche nostalgia! Ma è davvero sorprendente quello che siete riusciti a fare. Dovrebbero darvi un premio, un riconoscimento come promotori speciali del nostro territorio. Quindi l’Abruzzo è stato accolto con favore nella capitale giapponese! Quali valori ed elementi ritieni fondamentali nella tua cucina? In che modo l’Abruzzo e le tue radici sono presenti in quello che fai e nei tuoi piatti?

“Ho sempre fatto questo lavoro cercando di cucinare come fanno le nostre mamme, come hanno sempre fatto mia nonna e mia madre, con gli occhi e il cuore di chi vuole bene e vuole dimostrare questo bene alla propria famiglia. Ho sempre pensato che al mondo non ci sia cosa più bella e grande di una madre che cucina per i propri figli e dell’immenso piacere che si riceve vedendo i commensali mangiare con gusto e gioia. Non serve che sia qualcosa di particolarmente speciale, le nostre mamme cucinavano cose molto semplici,  anche riciclate e riscaldate,  ma quello che rende i pasti veramente unici è l’amore, è quel sentimento che come cuoco cerco di trasmettere a chi mangia e che provo anche quando creo un nuovo piatto. Nella mia cucina sono vivi i ricordi dell’infanzia, le radici della mia terra che porto dentro di me, ovunque mi trovi anche a più di 10.000 km di distanza!

Da quando abbiamo aperto ad oggi i nostri clienti giapponesi si sono moltiplicati e la fama di un ristorante regionale tipico abruzzese si e’ sparsa per tutta Tokyo. E’ una grande responsabilità che cercheremo di onorare  continuando ad impegnarci al massimo”.

Anche a Tokyo dovete fare i conti con la pandemia e l’emergenza, come state vivendo questo momento, com’è cambiata la vostra vita e quella della ristorazione?

“Di certo questa situazione ci ha fatto rallentare, e il lavoro è diminuito, ma per fortuna sia io che Peppe veniamo da realtà non facili, non siamo cresciuti nella bambagia e siamo abituati a fronteggiare le difficoltà e a rimboccarci le maniche. Siamo ottimisti e sono sicuro che si ripartirà alla grande. Nel frattempo anche lo stato giapponese sta aiutando le attività di ristorazione con non pochi sussidi economici. Onestamente la mia vita non e’ cambiata granché,  ma in questo periodo ho la possibilità di passare un po’ più di tempo con la mia famiglia, e questo per me vale oro”. 

Per molti anni hai portato in giro per il mondo i sapori e la cultura italiana e soprattutto quella abruzzese e quest’anno partecipi all’ Ebook Atto II delle 100 ricette per  omaggiare Parma Capitale italiana della Cultura 2020 + 21 che esce durante il “Settembre Gastronomico” di Parma. Quale piatto abruzzese hai proposto?

“Proporrò due piatti.  le “Scrippelle ‘mbusse”, famosa specialità teramana  e i Rintrocioli al sugo di ventricina due piatti  della Trattoria dai Paesani, fra i più gettonati e che ci piace condividere anche con i lettori di GustoH24 e dei buongustai di Parma”.

Quali i sogni e i progetti per il futuro?

Penso di restare a Tokyo, qui c’è la mia famiglia e vorrò continuare ad impegnarmi nel nostro Ristorante Abruzzese e spero che presto si possa riprendere a pieno ritmo,  ma di certo la prima cosa che vorrò fare appena sarà possibile è tornare con i miei bambini e mia moglie in Abruzzo per riabbracciare i miei cari,  riassaporare la bellezza e il silenzio dei miei luoghi”.

Complimenti Davide Fabiano!

Al giovane e bravo Chef auguriamo di continuare con la passione e la professionalità che gli sono propri ad affermare nel mondo la sua cucina frutto del ricco patrimonio culturale e gastronomico abruzzese.