“Zia non fare l’ingorda, ricordati che quelle cose non sono tutte tue”. Sono i messaggi minacciosi che mio nipote Francesco mi invia quando viene spedito da Salerno il pacco Grimaldi.
Questo nome principesco non ha nulla a che vedere con gli aristocratici monegaschi, ma è legato a un prodotto altrettanto nobile e antico.
Il pacco arriva da Giffoni, cittadina famosa per il festival cinematografico per bambini e ragazzi, ma la manifestazione, nata nel 1971, ha solo 51 anni, il prodotto di cui stiamo parlando é ben più vecchio: si tratta della Tonda di Giffoni, una nocciola ‘curvy’ potremmo dire.
Sembra che tracce della coltivazione del nocciolo in Campania siano già presenti a partire dal III secolo A.C., poi testimonianze certe risalgono al Medioevo e da allora la richiesta del prodotto é stata in continua crescita ed è un dato di fatto che la Campania e in particolare il salernitano, siano al primo posto in Italia nella produzione di nocciole.
La fortuna di certi padri è avere certi figli che, orgogliosi del loro passato e grati ai loro predecessori, raccolgono il testimone e con intuizione, competenza, tenacia e tanto lavoro danno continuità all’impresa paterna.
È proprio quello che è accaduto nella famiglia Grimaldi di Giffoni dove un figlio è andato via per seguire la sua strada, ma Adolfo e sua moglie sono rimasti e dedicano tempo, energie e creatività alle loro nocciole.
Fu nonno Adolfo a coltivare i primi noccioleti, poi papà Giovanni ampliò la proprietà e con lungimiranza, già negli anni ’70, cominciò a pensare alla fase di trasformazione; Adolfo racconta che quando suo padre volle acquistare un macchinario per ottenere una pasta di nocciole si rivolse a un’industria del Nord e seppe che solo due macchine di quel tipo erano state vendute nel Sud, la loro e quella destinata al Colosso Dolciario che tutti conosciamo.
Nel 2012 Adolfo e sua moglie, forti delle esperienze delle generazioni precedenti, prendono in mano le redini dell’attività e decidono di porre maggiore attenzione alla fase di trasformazione delle nocciole e al lancio dei loro prodotti.
Ma non è solo una questione estetica fatta di belle etichette e confezioni accattivanti, sanno bene che alla base di tutto ci deve essere la cura dell’albero e del suolo: durante l’anno i rami secchi e improduttivi vanno potati, si sopprimono i polloni di pedale, quei germogli che succhiano nutrimento, ma che restano infruttiferi, poi c’è la concimazione organica con letame equino lasciato a maturare per sei mesi, adesso è il turno della trinciatura, importantissima operazione che vede un macchinario triturare tutto ciò che è a terra e trasformarlo in un fitto materassino di sostanze organiche che fornisce all’albero l’azoto di cui è ghiotto.
Amore per l’azoto, ma odio per l’umidità e allora quando i frutti stanno per maturare, gli alberi vengono circondati da reti poste a 70 cm di distanza dal suolo e su queste si lasciano cadere le nocciole che belle e tonde attendono di essere asciugate dai raggi del sole e dalle brezze di un mare non lontano, solo dopo questa fase saranno aspirate ed essiccate con un procedimento altrettanto naturale, fiore all’occhiello della Ditta Grimaldi che ha ottenuto la Certificazione Bio.
Intanto il pacco è arrivato, nelle orecchie le raccomandazioni minacciose di Francesco, ma le mani non sentono ragioni e vanno freneticamente a rovistare tra le eleganti confezioni nocciolose e finalmente ecco il bottino atteso: GIOIA 1, GIOIA 2 e GIOIA 3, bene, ci sono tutte.
GIOIA è una crema spalmabile che ha una lunga storia di gestazione: ci sono voluti due anni di studio e tentativi e la consulenza di un tecnico specializzato nel settore per ottenere un ottimo grado di spalmabilità senza l’aggiunta di oli e grassi che avrebbero danneggiato un prodotto così faticosamente curato.
GIOIA 1, la primogenita, crema di nocciole (50%), cacao, zucchero e latte italiano GIOIA 2, la scura che aggiunge cioccolato fondente ai soliti ingredienti.
GIOIA 3, la bianca, senza cacao e aggiunta di estratto naturale di vaniglia biologica del Madagascar.
I Grimaldi hanno trovato gusto a creare variazioni sul tema, avremo altre GIOIE? Per il momento i tre vasi mi bastano, il problema che mi sembra poco risolvibile è “con chi devo condividerli e perchè?” Farò finta di non avere capito.
Resto della mia convinzione quando, a sorpresa, tiro fuori dal pacco una scatola larga e bassa, la apro e ci trovo cioccolatini, in alcune file hanno la forma di pietre preziose con la classica faccettatura a diamante, in altre hanno una forma semisferica.
Sono squisiti, veri gioielli.
Adolfo mi dice che quelli con le faccette hanno un guscio di cioccolato fondente al 70 per cento e un ripieno di GIOIA fondente, gli altri hanno lo stesso guscio, ma all’interno c’è GIOIA al latte con un’intera nocciola.
Sembra che siano proprio questi i prodotti su cui si sta concentrando la massima attenzione: di certo avremo golosissimi e fantasiosi cioccolatini che ci daranno una mano nei momenti difficili.
Come sempre nel pacco trovo le confezioni da 100 grammi di farina di nocciole sottovuoto che con due uova, zucchero, 60 grammi di farina e un litro di latte mi permettono di preparare una buonissima crema pasticcera alla nocciola pronta per ogni uso.
Mi servo di queste confezioni anche per realizzare la torta caprese alla maniera di Sal De Riso che accanto alla tradizionale farina di mandorle vuole anche polvere di nocciole spellate e raccomanda che siano quelle di Giffoni.
Minori, Giffoni, la magia dell’interazione di eccellenze dello stesso territorio, una reciproca influenza che esalta ancora di più la bontà di ogni singolo prodotto.
A questo proposito Adolfo mi parlava di una recente degustazione per circa 80 persone a base di bruschette con burro sciolto di bufala, alici di menaica o di Cetara (Cilento e Costiera Amalfitana), e una crema granellata di nocciole di Giffoni di loro invenzione.