Lo chef David Gualberto è pronto a esportare il suo menu no waste nel mondo: “La nuova frontiera? Dopo il Km zero, siamo allo Spreco zero: non si butta niente”

Lische di pesce, pelle di pomodori o veli esterni di cipolla, gambi di asparagi e carciofi: non esistono scarti nella cucina sostenibile di David Gualberto, lo chef italo-brasiliano pronto ad esportare la sua filosofia no waste in tutto il mondo. “Non c’è niente di non commestibile – spiega Gualberto – le materie prime vanno valorizzate nella loro interezza, qualsiasi parte è degna di diventare un ingrediente dell’alta cucina”. E di alta cucina lo chef romano, classe 1987, ne sa qualcosa, essendo cresciuto professionalmente nelle cucine stellate più interessanti d’Italia e non solo, da quella di chef Aprea fino al piccolo impero del gusto di Pierre-Galmier Gagnaire, passando per le brigate di Giulio Terrinoni e Fernando Forino. “Da ciascuno dei miei maestri ho imparato qualcosa che oggi fa parte della mia filosofia culinaria – racconta Gualberto – il rispetto per le materie prime, il divieto allo spreco, la necessità di sviluppare capacità imprenditoriali, sono tutti tasselli che voglio portare con me”.

Lo chef David Gualberto

Cresciuto in una famiglia attenta – “a casa abbiamo sempre fatto la spesa guardando il prezzo di ciò che mettevamo nel carrello” – Gualberto fa della sua educazione alla parsimonia il punto forte della sua cucina. “Oggi, è vero, le materie prime vanno cercate nelle filiere corte, nel mare più vicino, nel fiume, nel lago e nella campagna più prossimi, il cliente vuole questo, una cucina a basso impatto ambientale” dice Gualberto: “Ma siamo oltre il Km zero, siamo allo spreco zero: la nobiltà di quello che cuciniamo va celebrata non solo riducendo gli scarti ma facendoli entrare nei piatti come protagonisti, e sembrerà strano – spiega ancora lo chef – ma la linea in questo senso la detta l’alta cucina: non ho mai visto cucine più attente a valorizzare ogni parte della materia prima, su questo gli stellati battono le trattorie”. Insomma, per Gualberto la cucina sostenibile non è uno slogan “è il mio modo di essere – dice il giovane chef – riconoscere il valore, anche economico, degli ingredienti dona consapevolezza ai piatti”.

Sono finiti i tempi in cui l’esotico era il must have: “Oggi l’alta cucina deve essere capace di stupire con un piatto di spaghetti al pomodoro -racconta lo chef- “Le materie prime della mia dispensa sono povere: pesce azzurro, legumi e vegetali in primis, non manca la riscoperta della tradizione, come i piatti con il quinto quarto”. “In sintesi – conclude Gualberto – le esperienze culinarie sono fatti semplici: pochi ingredienti, che il palato deve riconoscere senza fatica e menù comprensibili. Mangiare deve essere un atto intuitivo, non si dovrebbe aver bisogno di impiegare tempo a decifrare il menù”.