Non solo Pinot Grigio, il Consorzio promuove e valorizza vitigni autoctoni come il Raboso e il Manzoni bianco che stanno gradualmente conquistando visibilità e apprezzamento
Non c’è solo il Pinot Grigio, varietà di punta del nord est (qui si concentra l’85% della produzione nazionale) tra le Denominazioni tutelate dal Consorzio Vini Venezia che promuove e tutela ben cinque Denominazioni in un’area di circa 5000 metri quadri dislocata sulle province di Treviso e Venezia.
Difatti il Consorzio, nato nel 2011, promuove e tutela ben cinque Denominazioni (Doc Venezia, Doc Lison-Pramaggiore, Doc Piave e le Docg Lison e Malanotte del Piave) che presentano varietà numerose ed eterogenee, da quelle internazionali come Pinot Grigio, per l’appunto, ma anche Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Chardonnay, a quelle locali come lo storico Raboso Piave, il Glera, il Tocai Friulano (ora Lison), il Refosco, il Manzoni Bianco e il Verduzzo.
Il Consorzio, il cui presidente attualmente in carica è Giorgio Piazza e il direttore Stefano Quaggia, dedica molta attenzione ed iniziative alla valorizzazione del territorio e dei vitigni autoctoni, a cominciare dallo storico Raboso, vitigno che per millenni ha caratterizzato la zona del Piave.
Difatti il Raboso è tra i vitigni che rientra nella Doc Piave ma soprattutto è protagonista, secondo un disciplinare di produzione che prevede una percentuale di uve sottoposte ad appassimento, della Docg Malanotte del Piave. Far maggiormente conoscere e portare alla ribalta questo vitigno storico che ancora mantiene in alcune vigne la “Bellussera”, antico sistema di allevamento espanso della vite (a Tezze di Piave si può ammirare la Bellussera centenaria della famiglia Roveda dove ogni vite è maritata a una pianta di gelso con i tralci che, aiutati dal fil di ferro, si estendono paralleli al suolo per oltre 5 metri, ndr), è uno degli obiettivi che si propone il Consorzio Vini Venezia, come spiega a Gustoh24 il direttore Stefano Quaggia.
“Da parte del Consorzio – osserva Quaggia – riteniamo di guardare con attenzione al Raboso, come pure facciamo con molte altre tipologie di vitigni che il Consorzio tutela e promuove. Il Raboso è uno dei vitigni rappresentativi, se non il più rappresentativo, del territorio del Piave, fortemente legato a Venezia. Quindi, sia la versione classica appartenente alla storica Denominazione Piave Doc, che nella versione Docg Malanotte del Piave, c’è un occhio di riguardo da parte del Consorzio”.
– Direttore, che tipi di vini offre il territorio del Piave?
“Siamo ottimi produttori di tipologie di vini rossi internazionali come Merlot e Cabernet ma anche di Chardonnay e di Pinot Grigio, se vogliamo spostarci nelle varietà a bacca bianca. Ma soprattutto ci distinguono vitigni autoctoni come il Raboso Piave e il Manzoni, altro vino apprezzato particolarmente dai consumatori. I numeri stanno premiando i produttori che hanno perseguito la produzione di queste due tipologie di vini, non sono numeri esorbitanti ma comunque negli ultimi quattro-cinque anni c’è stata una crescita positiva”.
– Soddisfatto della conoscenza che dai vini viene al territorio e viceversa?
“Non particolarmente soddisfatto, dobbiamo continuare a lavorare bene e farlo in modo coeso, ma sono molto fiducioso. Difatti a livello nazionale, e non solo, c’è una forte crescita di domanda di prodotti rappresentativi del territorio e crediamo che, con oltre cinquanta tipologie di vino che tuteliamo e promuoviamo, abbiamo tutte le carte per arrivare all’obiettivo”.
Una cena per la stampa organizzata dal Consorzio al Ristorante Terrazza San Tomaso a Treviso è stata l’occasione per incontrare tre giovani produttori della Doc Piave, Riccardo Bonotto della azienda agricola Bonotto Giorgio, Ylenia Sandre della Azienda agricola Sandre e Andrea Battaglini della Azienda agricola Villa Valonte, che hanno presentato il Raboso delle rispettive aziende, mostrando un sentito orgoglio nel promuovere questo vino del territorio.
Andrea Battaglini, alla guida di Villa Valonte, ha spiegato come il padre fosse uno dei fondatori della Confraternita del Raboso Piave. “Lui mi ha fatto appassionare a questo vino – racconta a Gustoh24 – Produrlo è una sfida, il Raboso è un gran vitigno, ma bisogna saperlo vinificare bene”. A proposito di questo, Riccardo Bonotto ha spiegato come sul Raboso “ci sia una crescita di domanda da parte del consumatore, anche perché noi produttori abbiamo lavorato, bene puntando ad elegantizzarlo, trasformando la parte mallica abbondante in questo vino in parte morbida”.
“Non potevamo non produrre il Raboso – sottolinea da parte sua Ylenia Sandre – Siamo un’ azienda familiare quasi centenaria, molto legata alla tradizione. Per questo abbiamo voluto realizzare, assieme ad altre aziende del Piave, una sorta di “atelier di impresa”, un museo dove esporre cimeli e attrezzi della locale tradizione agricola e vitivinicola”.