Inizio a scrivere su GustoH24 con questo mio raccontino, la prima storia culinaria della rubrica “IL SAPORE DELLA VITA TRA RICORDI E ATTUALITA'”. 
Non avrei potuto vendere la primogenitura perché essendo la figlia di mezzo non ce l’ho, ma avrei dato qualsiasi cosa per un piatto di broccoli e salsiccia quando 45 anni fa lasciai Salerno per Bergamo.

Che buoni i pranzi domenicali invernali a base di maccheroni, preferibilmente ziti spezzati a mano e conditi con ragù di braciole, che non sono le costate di maiale, e poi per secondo un piatto fumante di broccoli e salsiccia: c’é un’idea di perfezione in questo abbinamento che non ha a che fare solo con il cibo, é una sorta di appagamento, una soddisfazione che procura pace interiore, é star bene con se stessi e con gli altri.

Il desiderio di mangiarli dopo aver assaggiato gli ottimi “casonsei” conditi con burro e salvia, i pizzoccheri, polenta e “cunel”, era diventato vera e propria crisi di astinenza.

Diciamo che per la salsiccia non ci sono stati grossi problemi: la Bergamasca é foderata di salsiccia e salamelle e verzini, che non é verdura, l’unica perplessità era la grandezza, poco più di interminabili strisce, niente in comune con i cilindrotti ripieni di carne di maiale speziata con pepe e finocchietto e tagliata a punta di coltello di salernitana memoria.

La questione nacque con la parola BROCCOLI, a Salerno quando dicevi broccoli ci si capiva subito, non c’era bisogno di specificare, ma nel profondo Nord, poi scoprii che anche in altre regioni, la parola, nel migliore dei casi veniva associata al cavolfiore o a quella pianta che fa un grosso fiore verde, ma non era quello che cercavo.

Tentare con “FRIARIELLI” sarebbe stato ancora più enigmatico per chi mi avrebbe ascoltato e nei negozi e al mercato non vedevo niente che assomigliasse vagamente a ciò che desideravo.

Ho sempre pensato che il cibo rappresenti evoluzione e la caparbia ricerca dei miei broccoli, ricerca non facile in quei lontani anni, mi portó alla scoperta della magica formula “CIMA DI RAPA”. (la foto di copertina Friarelli o Cime di Rapa)

Qualcuno cominciava a capire, in alcune rivendite di piante e semi da orto trovai delle bustine che contenevano i semi della pianta, li portai a una simpatica signora che aveva serre dove faceva crescere soprattutto insalata e le chiesi di provare a piantarli: i semi si trasformarono in lunghe e ingombranti Foglie di Rapa, di Cima neanche l’ombra.

Ben vengano i mercatini a chilometro zero, lo sappiamo, ne siamo orgogliosi e fervidi sostenitori, però oggi, grazie al trasporto a chilometro 1500 e grazie al continuo e inarrestabile spostamento delle genti, i nostri mercati sono pieni di BROCCOLI, c’é solo l’imbarazzo della scelta.

Rapone pugliesi

Alcuni suggerimenti:

– se si ha poco tempo usare il broccolo verde, non il cavolfiore, quello che ha un unico grande fiore verde. Si pulisce in un momento e cuoce in 10 minuti in acqua bollente salata e poco più messo a crudo in padella, condito con sale, olio, aglio e peperoncino.

– con la salsiccia c’é poco da fare, ci vogliono i friarielli.

– con la pasta ci vogliono i raponi pugliesi, non é a caso che “orecchiette e cima di rapa” li hanno inventati loro, questa varietà di broccolo si ammorbidisce durante la cottura e lega con qualsiasi tipo di pasta.

Broccolo calabrese

 

Chi è Carmela Guglielmotti

Sono salernitana di nascita e bergamasca di adozione.

A Salerno ho fatto il “pieno di socializzazione” soprattutto negli anni gioiosi del Liceo e il ” pieno del ricco patrimonio culinario mediterraneo” .

All’Università passai dal conforto della socializzazione al conforto dell’arricchimento e nutrimento  culturale soprattutto con maestri del calibro di Tullio De Mauro ed  Edoardo Sanguineti alla Facoltà di Lingue e Letteratura Straniere.

Nello stesso anno della Laurea, 1976, feci domanda per insegnare nella provincia di Bergamo e da ottobre di quell’anno è iniziata la seconda fase della mia vita, di certo la più importante: ero arrivata single e dopo alcuni anni avevo una sorella, Alba, un marito, Roberto, e l’amore della mia vita, mia figlia Maria Teresa. Con Alba, l’amica/sorella abruzzese con la quale condividevo l’appartamento a Treviglio era tornata la “scapigliatura” e una gran voglia e felicità di essere lì!  É stato in questa festa di esperienze nuove e di respiro di libertà che il cibo e le sue seduzioni  sono saliti sulla giostra di quegli anni. Il desiderio di invitare i nuovi compagni di strada per fare assaggiare i nostri piatti salernitani e abruzzesi é stata una grande motivazione.

A Treviglio, nella via Cavallotti dove Ermanno Olmi aveva girato una scena de “L’Albero degli Zoccoli” c’era una Cooperativa di consumo, un posto magico per me che a Salerno non avevo certo frequentato i bar. Non ci si andava solo per bere, vi si poteva studiare, preparare le lezioni e con il passare del tempo anche partecipare alla sua stessa gestione che non si limitava al lavoro del banco. Con Alba e i nuovi amici abbiamo organizzato serate mangerecce, lì é nata la rassegna teatrale a cui fu dato il nome “Eppursimuove” che ci aprì un mondo nuovo.

Forse il primo uomo o la prima donna a cui venne in mente di far da mangiare per  altri, antepose il piacere che si poteva dare alle persone al guadagno; sono sicura che la ristorazione abbia una base di generosità e di altruismo.

Con due colleghi, Chicco e Andrea, giocammo a fare i cuochi per un po’ di tempo nello stesso paese dove era la nostra scuola; Tilde, la proprietaria del locale, che non sapeva dire di no, ci concesse l’uso del suo ristorante nel giorno di chiusura.

Non abbiamo mai guadagnato un soldo a riprova del fatto che far felici le persone era centrale rispetto al profitto. L’esperienza si concluse quando la gente cominciò a prenderci sul serio e arrivarono prenotazioni di gruppi per la celebrazione di speciali ricorrenze.

Raccontando delle sperienze che hanno contribuito a cambiarmi, a farmi crescere devo fermarmi un momento a parlare di Teatro. La magia accadde a Milano, una sera: in uno spazio non teatrale l’Odin Teatret aveva messo in scena Madre Coraggio e i Suoi Figli di Bertolt Brecht; fui letteralmente rapita, non avevo mai visto niente del genere prima. Fino ad allora il Teatro per me era stato qualcosa di molto diverso. L’emozione fu così forte che pensai di poter andare con loro, lasciare tutto e partire. Fui incoraggiata da un’attrice che per tutta la durata dello spettacolo non fece altro che cucinare un minestrone là sulla scena, pensai che avrei potuto darle il cambio.

Niente di tutto questo si é avverato, ma nutrita da questa esperienza e da altre simili che si susseguirono perché ero ormai diventata una cacciatrice di spettacoli non convenzionali, portai nella scuola questa passione e per anni ho caparbiamente voluto che i miei studenti diventassero teatrodipendenti. Li accompagnavo nei migliori teatri di Milano, ma non volevo che fossero solo spettatori e allora ho organizzato un vero e proprio laboratorio teatrale che per anni ci ha dato molte soddisfazioni. Oggi un alunno é un drammaturgo, un altro attore, ma so per certo che tutti sono stati segnati da questa esperienza.

Con la pensione sono entrata in Croce Rossa e con grande piacere ho conosciuto una ragazza che insieme al marito gestisce un Catering, Reny Chef, con loro due e altri volontari ho frequentato, fra l’altro, due corsi di cucina. Sicuramente ci saranno sviluppi che vi  racconterò su GustoH24.