Dal confronto tra i dati del Rapporto 2023 sul turismo enogastronomico curato da Roberta Garibaldi e i principali studi internazionali emerge che solo il 16% dei nostri connazionali ha scelto l’alta ristorazione, contro il 46% degli americani e il 42% dei francesi. Un italiano su due, invece, visita i mercati e le fiere agricole

La ristorazione è la principale fonte di attrazione per il turista, a prescindere dalla sua nazionalità. Tuttavia, dal confronto tra i dati presenti nel Rapporto 2023 sul turismo enogastronomico curato da Roberta Garibaldi e quelli Food Travel Monitor (World Food Travel Association), emergono varie differenze nell’approccio all’esperienza tra italiani, statunitensi, francesi, britannici, canadesi, messicani e cinesi.

“Oggi il turista ricerca autenticità ed innovazione, desidera sperimentare appieno l’enogastronomia del luogo visitato”, afferma Roberta Garibaldi, autrice del Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano. “L’alto interesse degli stranieri verso ristorazione – specialmente quella gourmet – è una grande opportunità per il nostro Paese, che può vantare eccellenze e riconoscibilità da Nord a Sud, soprattutto in un contesto di crescita dei flussi internazionali”.

In particolare, l’Italia vede la percentuale più bassa di turisti che hanno affermato di aver provato, nell’ultimo biennio, un’esperienza gastronomica in un ristorante gourmet: lo ha fatto solo il 16% del campione intervistato, contro il 46% degli americani, il 42% dei francesi e il 35% dei britannici, ma anche il 41% dei cinesi e il 47% dei canadesi. Il dato più alto in assoluto riguarda però i messicani, che nel 49% dei casi hanno scelto l’esperienza gourmet.

Eppure, il 74% dei nostri connazionali – la percentuale più alta in assoluto, davanti al Canada con il 64% e alla Cina con il 63% – ha scelto di trascorrere in vacanza almeno una serata al ristorante per provare un’esperienza indimenticabile, ma evidentemente la scelta è andata su un locale di impronta più tradizionale e meno sofisticata. Del resto, gli italiani in vacanza sono particolarmente predisposti a visitare mercati contadini e fiere agricole, mentre solo il 30% dei turisti Usa e il 24% dei britannici sembra essere contraddistinto dalla stessa passione.

Un’altra attrazione irresistibile per il turista italiano sembra essere quella del food festival, scelto dal 35% degli intervistati e anche in questo caso la percentuale tricolore è la più alta nel confronto internazionale: tra i francesi, per esempio, solo il 13% vi ha partecipato e anche tra i britannici la percentuale è nettamente inferiore (20%). Lo street food, invece, piace ma non sfonda tra gli italiani. L’esperienza gastronomica al food truck o in un chiosco-bancarella è stata scelta dal 29% degli intervistati contro il 44% dei nordamericani (Usa e Canada evidenziano la stessa percentuale) e il 45% dei messicani; ma anche cinesi (31%), britannici (41%) e francesi (34%) puntano sui cibi di strada più di quanto lo facciano i nostri connazionali.

La visita ad un’azienda agricola è un’esperienza provata dal 28% degli italiani in vacanza. Il risultato è più alto della media ma non arriva al picco registrato tra i cinesi che, in questo caso, svettano nella graduatoria internazionale con il 40% delle risposte affermative, il doppio rispetto agli americani e dei canadesi (20%) e quasi il triplo rispetto ai britannici (14%). Infine, la partecipazione alle lezioni di cucina: pochi sono gli italiani che vi partecipano durante i loro viaggi in Italia e all’estero (6%). Valori bassi anche tra le altre nazionalità, con il picco minore tra i turisti Usa (8%) e massimo tra francesi e cinesi (12%).

CONFERENZA STAMPA 
di presentazione della 48a edizione di Hospitality – Il Salone dell’Accoglienza, la fiera internazionale leader in Italia, dedicata agli operatori dell’HoReCa.

Martedì 23 gennaio
 ore 11.00

presso
ITAS Forum – Quartiere Le Albere (Trento)
Via Adalberto Libera, 13

Alessandra Albarelli, Direttrice Generale di Riva del Garda Fierecongressi

La prima Conferenza internazionale sui Musei del Vino a Verona

Una svolta per i musei del vino: da spazi museali a hub di esperienze, seguendo l’esempio delle eccellenze europee

Roberta Garibaldi

A un anno dalla sua costituzione, la Fondazione Museo del Vino MUVIN ha organizzato a Verona, nella sede della Camera di Commercio, un evento di portata internazionale per discutere e mettere in rete conoscenze, esperienze, buone pratiche e progettualità sul ruolo attuale, le innovazioni e le sfide future dei Musei del Vino europei.

Hanno partecipato alcune fra le più importanti realtà nazionali ed internazionali, quali LA Cité des Climats et des Vins de Bourgogne e la Cité du Vin di Bordeaux (Francia), il Museo della Cultura del Vino Vivanco (Spagna) e World of Wine – WOW (Portogallo), l’Enoteca piemontese Castello Grinzane Cavour, il Parco archeologico del Colosseo, MUVIT – Museo del Vino di Torgiano e Museo del vino di Berchidda (Italia).

Vino, tradizioni, territori e turismo i quattro temi portanti, che i quattordici relatori – moderati dalla giornalista Angela Frenda – hanno affrontato sotto differenti angoli prospettici: Organizzazione e gestione (format, modalità di gestione, proprietà della struttura, indotto e profilo del visitatore), servizi ed esperienze per l’educazione (l’entertainment, l’approfondimento e la condivisione di conoscenze), esposizione del patrimonio (con un focus sulle nuove tecnologie nell’esperienza di visita per coinvolgere, educare, sorprendere), strategie ed azioni di marketing per posizionarsi efficacemente sul mercato ed ingaggiare differenti target di visitatori, sostenibilità del museo e verso il territorio.

Con questo primo evento scientifico”, afferma Diego Begalli, Presidente della Fondazione Museo del vino MUVIN “la Fondazione Museo del Vino si pone al centro del dibattito internazionale sulla promozione della cultura del vino attraverso l’attività musealeLa simultanea presenza a Verona di così importanti testimonianze nazionali ed europee conferma Verona come Hub di riferimento nazionale in questo settore alimentando in modo sinergico il posizionamento acquisito attraverso la partecipazione alla Rete di Great Wine Capitals”.

“Nel Belpaese vi sono 46 musei del vino e 83 del gusto, un numero superiore ad altri Paesi come Francia e Spagna” , afferma Roberta Garibaldi, presidente del Comitato Scientifico Fondazione. “Tuttavia, spesso sono realtà di piccole e medie dimensioni, prevalentemente di proprietà comunale (41% dei musei del vino e 52% del gusto) o di aziende (33% e 24%). Questa pluralità ben rappresenta e testimonia la ricchezza enogastronomica italiana, che vanta il maggior numero di produzioni certificate in Europa, emergono aspetti da poter valorizzare grazie al lavoro di rete. Fa scuola il progetto partito dalla Francia dove il Ministero della Cultura ha favorito di recente la creazione di una rete europea di Musei del Vino”.

Da vetrine del patrimonio a spazi poli-funzionali

Conservazione e tutela del patrimonio enologico rimangono centrali nella mission dei Musei del Vino. Tuttavia, queste funzioni oggi non sono esclusive: queste realtà sono chiamate a rendere accessibile questo importante patrimonio, ingaggiare e educare il visitatore e connettere il museo con le aree rurali.

Nel convegno si è visto come i tradizionali percorsi di visita si stando evolvendo verso tour immersivi ed esperienziali grazie all’uso delle nuove tecnologie e di attività sensoriali, ma anche gaming ed escape room come in Spagna grazie alle proposte di Giant Interactive Maps. L’esperienza intorno al vino si arricchisce di sfaccettature: Vivanco ha puntato sul binomio arte e vino ed ospita capolavori di arte moderna contemporanea, da Chagal a Warhol; World of Wine –WOW sulla varietà con il Chocolate Story Museum ed il Pink Palace, che strizza l’occhio ai più giovani grazie alla sua instagrammabilità. In Italia, il Castello di Grinzane ha creato un percorso museale nei vigneti mentre il Parco Archeologico del Colosseo offre uno scenario unico dove la viticoltura si fonde con l’archeologia.

I Musei del Vino sono hub enogastronomici, luoghi di connessione con i territori del vino. Dalle Città della Gastronomia francesi all’Oro di Montalcino in Italia, queste realtà presentano e stimolano la visita verso gli spazi rurali. Si tratta di una funzione oggi sempre più desiderata dai turisti, come evidenzia il Rapporto sul turismo enogastronomico italiano 2023: il 63% degli italiani gradirebbe visitarne uno e trovavi una pluralità di servizi, in primis ristorazione (indicata dal 69%), degustazioni (64%), possibilità di prenotare le esperienze nelle aziende di produzione (65%) ed acquistare i prodotti tipici (65%).

Oggi i Musei del Vino e del Gusto stanno diventando luoghi sempre più inclusivi, con servizi e proposte dedicate anche a persone con disabilità visive, uditive, motorie o intellettive.

Le sfide per il futuro dei Musei del vino e del Gusto

Nel prossimo futuro, il ruolo dei Musei del vino e del Gusto sarà di favorire lo sviluppo socioeconomico dei territori attraverso la valorizzazione turistica della cultura del vino, rafforzando le connessioni con i territori rurali. Una sfida complessa, che vede queste realtà dover lavorare per accrescere sempre più la propria attrattività verso un pubblico eterogeneo con esigenze differenti e collaborare con i territori, le aziende e gli altri musei per confrontarsi e trovare soluzioni comuni.