A Parma la presentazione del rapporto di Confindustria: il comparto del “Bello e Ben Fatto” ha un potenziale incremento delle esportazioni di ben 96 miliardi

L’Italia esporta il 99% degli oltre 5.000 prodotti di fascia alta che rientrano nel comparto “Bello e Ben Fatto” (BBF) e il 99% dei quasi 1.400 prodotti finali di consumo. Il nostro Paese è secondo solo alla Cina per esportazione dei prodotti BBF e compete con la Francia in tutti i settori. Un quadro positivo che va oltre le canoniche tre “F” di Fashion, Food e Furniture per abbracciare in modo più ampio le produzioni di fascia alta.

Questi i dati principali emersi dal settimo rapporto “Esportare la dolce vita – Bello e ben fatto: il potenziale del made in Italy nel panorama internazionale”, del Centro Studi Confindustria, presentato a Parma presso la sede dell’Unione Parmense degli Industriali.

Ad aprire i lavori, moderati dal giornalista del Sole 24 Ore, Luca Colombo, è stato Gabriele Buia, presidente dell’Unione parmense degli industriali, che ha sottolineato l’importanza della scelta di Parma per la presentazione di questo rapporto. “A Parma abbiamo della grandi eccellenze, di medie e piccole aziende, che creano uan filiera di grandissimo valore”.

Se si pensa al settore dell’alimentare si può dire, senza tema di smentita, che al “Bello e Ben Fatto” le industrie di Parma aggiungono anche il “Buono”.

Ma a  sottolineare il ruolo importante di Parma e della regione Emilia Romagna nell’ “Esportare la Dolce Vita” è stata Alessandra Ricci, amministratore delegato di Sace, tra gli organizzatori della giornata parmense:
«Solo nell’ultimo anno in Emilia-Romagna abbiamo affiancato 2.300 imprese in 3.000 progetti di crescita, per ben quattro miliardi di euro – ha detto Ricci – E di questi progetti più del 15% riguardano la sola provincia di Parma”.

I relatori presenti al Convegno di Palazzo Soragna dell’UPI

Gli altri dati sono stati illustrati dal direttore del Centro studi dell’associazione degli industriali, Alessandro Fontana, e dall’economista Tullio Buccellato.
Il comparto Bbf vale 122 miliardi di euro e ha un potenziale incremento delle esportazioni di ben 96 miliardi. I Paesi più ricettivi con 104 miliardi di export sono quelli avanzati, con in testa gli Stati Uniti in testa, che hanno un potenziale di 22,6 miliardi di euro, seguito da Germania (5,7 miliardi) e Corea del Sud (4,7 miliardi). Tra le economie emergenti, verso le quali l’export ammonta a 19 milioni, il potenziale maggiore è verso la Cina (2,4 miliardi di euro), seguita dall’Arabia Saudita (2,0) e dal Qatar (1,4). In Asia, inoltre, sono particolarmente ricettivi i Paesi Asean, con in testa Singapore, Malesia e Thailandia. Ferme, invece, sono le esportazioni verso la Russia, che si attesterebbe al secondo posto per potenziale sfruttabile nella classifica degli emergenti, ma a seguito dell’invasione dell’Ucraina non è pensabile che gli scambi possano intensificarsi.

Si è anche svolta una Tavola Rotonda con alcuni imprenditori che si sono confrontati sui temi del “rapporto di Confindustria” e sulla situazione generale a cominciare dall’aumento dei prezzi delle materie prime, del tema degli stipendi, fino alle sfide della sostenibilità. A questo confronto hanno partecipato Ercole Botto Poala, Amministratore Delegato SUCCESSORI REDA; Marco Palmieri, Presidente e Amministratore Delegato PIQUADRO; Barbara Amerio, Amministratore Delegato PERMARE; Roberto Ziliani, Amministratore Delegato SLAMP e Guido Barilla, Presidente BARILLA.

Tra le punte di diamante del made in Italy c’ è il settore della moda italiana, fatto di 60mila imprese, ed ha delle potenzialità ancora inespresse e fatica a fare squadra come ha fatto quello francese. «Le aziende di piccole dimensioni, che sono la stragrande maggioranza, hanno difficoltà ad accedere ai mercati nordamericani e asiatici – ha sottolineato Ercole Botto Poala, presidente di Confindustria Moda – commettono degli errori non conoscendo la realtà complessa di quei Paesi».

La Sostenibilità al centro dei processi produttivi

Guido Barilla

GUIDO BARILLA, Presidente Barilla,  proprio mentre arriva la notizia che l’azienda Barilla investe 1 miliardo per sfidare i colossi mondiali dell’alimentazione, alla tavola rotonda Guido Barilla afferma  che “L’export della Barilla arriva al 60% coprendo ben 100 mercati in tutto il mondo“.

Alla domanda poi di Luca Colombo: “come si comporta la Barilla sul tema SOSTENIBILITA’?”

Guido Barilla risponde che: “la Barilla è Sostenibile da sempre, dal dopoguerra ad oggi. Un esempio concreto è la scelta di rimuovere l’olio di palma da tutti i prodotti del  marchio dolciario, Mulino Bianco. Ma bisogna capire che la sostenibilità ha un costo. Questo è un problema che tutti abbiamo di fronte”.

La necessità di porre al centro lo sviluppo sostenibile apre le porte a un nuovo modo di fare impresa. Non è infatti più sufficiente, è stato affermato, che le imprese mirino alla massimizzazione del profitto, ma è necessario che queste acquisiscano consapevolezza dell’impatto delle loro scelte sull’ambiente e che pertanto migliorino la gestione delle risorse naturali, finanziarie e umane. L’interesse dei consumatori per la sostenibilità è un fattore non più trascurabile. Per conquistare nuove quote di mercato e garantirsi la fedeltà degli attuali consumatori non si potrà trascurare il grado di sostenibilità dei prodotti venduti.

Le interviste nel video della Gazzetta di Parma QUI