Il disegno di legge che vieta la produzione, l’utilizzo, l’importazione e la vendita di cibo sintetico in Italia è stato approvato oggi dall’Aula del Senato. Ora la norma, che non blocca la ricerca, sarà al vaglio della Camera dei Deputati
Proprio mentre in Italia dall’aula del Senato della Repubblica italiana arriva un chiaro stop alla produzione e l’utilizzo del cibo sintetico, con 93 voti favorevoli, 28 contrari e 33 astenuti, e nel provvedimento è stato anche approvato un emendamento, che porta la firma dell’ex ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, per vietare l’utilizzo della parola “carne” per la produzione e la commercializzazione di prodotti trasformati a base di proteine vegetali, nell’Unione Europea si inizia la sperimentazione. I Paesi Bassi infatti danno l’ok ai test sulla carne e sui frutti di mare coltivati in laboratorio e il governo olandese, in collaborazione con il rappresentante del settore HollandBio e i produttori di carne sintetica Meatable e Mosa Meat, ha approvato un codice di condotta che rende possibili le degustazioni in ambienti controllati. I primi commenti, positivi e negativi, in Italia.
Alimenti e mangimi Sintetici: ecco il testo approvato al Senato
Il testo approvato dall’Assemblea di Palazzo Madama in prima lettura del ddl di iniziativa governativa sul divieto di produzione e immissione sul mercato Cliccare QUI
COLDIRETTI: Stop al cibo sintetico per 3 italiani su 4
Il via libera dell’aula del Senato al ddl sui cibi sintetici è sostenuto da 3 italiani su 4 (74%) che esprimono una opinione e si dichiarano contrari al consumo di latte, carne e pesce prodotti in laboratorio. E’ quanto afferma la Coldiretti, sulla base dei dati Notosondaggi, nel commentare positivamente l’approvazione a Palazzo Madama del disegno di legge che vieta la produzione, l’immissione sul mercato e l’importazione in Italia di alimenti e mangimi artificiali ma non la ricerca.
Una risposta alla grande mobilitazione della Coldiretti -afferma una nota della confederazione agricola- che ha portato alla raccolta di oltre 2 milioni di firme a sostegno del provvedimento, con oltre 2mila comuni che hanno deliberato a favore spesso all’unanimità, tutte le Regioni di ogni colore politico ed esponenti di tutti gli schieramenti oltre a Ministri e Sottosegretari, Parlamentari nazionali ed europei e Sindaci.
E’ nata peraltro una inedita, larga e composita alleanza per reclamare la difesa della cultura del cibo di qualità e spingersi contro quello artificiale e sintetico di cui fanno parte Acli, AcliTerra, Adusbef, Anpit, Asi, AssoBio, Centro Consumatori Italia, Cia, Cna, Città del Vino, Città dell’Olio, Codacons, Codici, Consulta Distretto del Cibo, Ctg, Coldiretti, Demeter, Ecofuturo, Ewa, Federbio, Federparchi, Fipe, Fondazione Qualivita, Fondazione Una, Fondazione UniVerde, Globe, Greenaccord, Gre, Italia Nostra, Kyoto Club, Lega Consumatori, Masci, Movimento Consumatori, Naturasi, Salesiani per il sociale, Slow food Italia, Unpli, VAS Parma, Wilderness.
Il voto del Senato – riferisce la Coldiretti – riprende anche i dubbi espressi nel primo rapporto Fao – Oms sul “Cibo a base cellulare”, definizione considerata più chiara rispetto al termine “coltivato” (ad esempio “carne coltivata”), preferito invece dalle industrie produttrici ma ritenuto essere fuorviante dalle due Autorità mondiali, che rilevano peraltro come la parola “sintetico” sia usato anche dal mondo accademico oltre che dai media. Dalle allergie ai tumori sono 53 i pericoli potenziali per la salute legati ai cibi prodotti in laboratorio individuati nel documento.
In particolare – precisa ancora la Coldiretti – i rischi secondo gli esperti consultati da Fao e Oms riguardano la trasmissione di malattie, le infezioni animali e la contaminazione microbica oltre alla necessità di una particolare attenzione sull’uso di componenti come fattori della crescita e ormoni usati nei bioreattori (ma vietati negli allevamenti europei da oltre 40 anni) e su come queste molecole attive possono interferire con il metabolismo o essere associate allo sviluppo di alcuni tipi di cancro. Ma pesano le preoccupazioni anche sul piano ambientale. I risultati della ricerca realizzata da Derrick Risner ed i suoi colleghi dell’Università della California a Davis – prosegue la Coldiretti – hanno evidenziato che il potenziale di riscaldamento globale della carne sintetica definito in equivalenti di anidride carbonica emessi per ogni chilogrammo prodotto è da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale.
“L’Italia che è leader mondiale nella qualità e sicurezza alimentare ha la responsabilità di fare da apripista nelle politiche di tutela della salute e dell’ambiente” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “la diffusa diffidenza conferma la necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte ad una nuova tecnologia con molte incognite che rischia di cambiare la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda”. “Proprio per questo – conclude Prandini – la sfida che la Coldiretti lancia alle istituzioni europee è che i prodotti in laboratorio nei processi di autorizzazione non vengano equiparati a cibo ma bensì a prodotti a carattere farmaceutico”.
Il commento del vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, responsabile del dipartimento Agricoltura e Turismo della Lega
“Vietare la produzione e la commercializzazione in Italia della carne coltivata vuol dire proteggere in via cautelativa la salute dei cittadini e difendere la qualità delle nostre produzioni agroalimentari e della nostra cucina. Non c’è nessun intento oscurantista nel disegno di legge approvato oggi in Senato, come vorrebbe far credere la sinistra. La ricerca vada avanti, ci garantisca la massima sicurezza degli alimenti prodotti in laboratorio e poi ne riparleremo. Sia ben chiaro che noi preferiremo sempre la varietà di sapori, di proprietà e di piatti che solo la carne che proviene dai nostri allevamenti potrà garantire, non certo quella prodotta in laboratorio. E vogliamo che sia chiaro cosa è fatto con la carne e cosa invece è di origine vegetale, che grazie a un nostro emendamento non potrà più avere sull’etichetta un nome meat sounding”.
“È di ieri la notizia della carbonara al pollo sintetico servita in un ristorante a Singapore“, afferma il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio. “È davvero questa la direzione che vogliamo prendere? Finta carbonara, finte bistecche, finto latte, che hanno lo stesso sapore elaborato al microscopio a Roma, a New York o nell’Estremo Oriente?. “Dietro i nobili intenti etici usati, anche in buona fede, da alcuni sostenitori dei cibi coltivati, si nascondono in realtà gli interessi finanziari di chi vorrebbe immettere sul mercato prodotti alimentari di serie B per competere con le nostre eccellenze, con effetti sulla salute ancora ignoti. Il governo e la maggioranza con il voto di oggi si oppongono a questa deriva”.
ASSICA: bene l’Ok del Senato, ma facciamo presto anche sulla PSA
Nella serata dello scorso 19 luglio l’aula del Senato ha approvato il testo del DDL 651 presentato dal governo in materia di divieti riguardanti la carne e i mangimi c.d. sintetici. All’interno di tale provvedimento, con un emendamento a prima firma del vicepresidente del Senato On.le sen. Gian Marco Centinaio, è stata inserita anche una previsione che mira a tutelare i cibi a base di carne dall’odioso fenomeno del meat sounding. Si tratta di quella pratica decisamente diffusa per cui prodotti a base vegetale vengono posti in vendita con nomi che richiamano o citano espressamente prodotti a base di carne: pollo veg, bistecca alla fiorentina vegan, vegan mortadella sono solo alcuni esempi di questa anomala prassi di mercato.
“E’ bene che il Senato abbia approvato tale norma che vieta l’uso di nomi carnei sui prodotti che la carne non la contengono – commenta Pietro D’Angeli, presidente di Assica – Si tratta di una battaglia culturale e di buon senso per la corretta concorrenza tra operatori del settore alimentare. E poi, personalmente, non ho mai capito perché i prodotti c.d. plant based che ci tengono tanto a distinguersi dalla carne per dieta, valori nutrizionali, persino impatto ambientale, finiscano sempre per proporsi al pubblico con i nomi dei prodotti da cui prendono le distanze”.
Il provvedimento approvato dal Senato passa ora alla Camera dei deputati dove dovrà affrontare un ulteriore dibattito e approfondimento da parte delle Commissioni e dell’aula, prima di concludere il suo iter. “Quando la norma vedrà definitivamente la luce torneremo immediatamente in Europa per chiedere che anche l’UE si doti di una disciplina sulla materia, in maniera analoga a quanto già avvenuto per il settore del latte”, ha proseguito D’Angeli. “Le norme sul food devono essere comuni in tutto il mercato unico. Non si tratta di una guerra ai prodotti plant based, ma di una battaglia a difesa di una filiera di cui gli stessi che cercano di evidenziarne i limiti da un lato, dall’altro tentano però di accaparrarsene i pregi, evocando nel consumatore l’insostituibile apporto nutrizionale, la tradizionalità cultural gastronomica e la professionalità peculiare di un settore dalla storia secolare, appunto quello della lavorazione delle carni”.
Il settore delle carni suine in particolare vive da ormai quasi due anni una situazione di particolare affanno, non solo per le congiunture economiche, ma anche per la ricomparsa tra i cinghiali selvatici sul territorio continentale della PSA, malattia innocua per l’uomo, ma incurabile per gli animali.
“Occorre fare presto nell’eradicazione della PSA, altrimenti le produzioni che questa norma vuole giustamente tutelare finiranno per essere irrimediabilmente compromesse. Servono investimenti urgenti per almeno 50 milioni di euro per la posa in opera di sistemi di prevenzione e per la riduzione in misura decisa e sensibile della fauna selvatica. Al min. Schillaci, al min. Lollobrigida e alla Presidente Meloni chiediamo di accelerare responsabilmente nella direzione intrapresa per l’eradicazione.” Così Pietro D’Angeli richiama l’attenzione di governo e parlamento su un tema che diviene ogni giorno più pressante ed espone la filiera al rischio di blocco totale da un lato e di compromissione della capacità produttiva dall’altro.
L’ Unione Italiana Food: “profonda delusione e preoccupazione”
Le aziende del Gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food esprimono profonda delusione e preoccupazione per l’approvazione in Senato dell’emendamento, inserito nel DDL cosiddetto “sul cibo sintetico”, che vieta l’utilizzo per i prodotti a base vegetale di denominazioni che si ispirano a ricettazioni e preparazioni alimentari utilizzate anche per la carne o il pesce, e/o a terminologie della macelleria, salumeria e pescheria. “I prodotti a base vegetale sono di casa sulle tavole di oltre 20 milioni di italiani che li consumano regolarmente e che da oltre 30 anni sono abituati a chiamarli così. Si tratta di consumatori che li hanno provati, apprezzati e che hanno deciso di inserirli nella loro dieta. Lo hanno fatto per esigenze di salute, per questioni etiche, per aumentare il consumo di vegetali, e per diverse altre ragioni, ben consapevoli di cosa sono fatti. Chi li sceglie legge bene le loro etichette e le valuta chiare, trasparenti e complete, sia sugli ingredienti, che sui valori nutrizionali. Allora perché questo intervento? E perché inserire l’emendamento in un DDL che si occupa di cibo sintetico con cui i nostri prodotti non hanno nulla in comune, né per caratteristiche, né per materie prime usate (i prodotti a base vegetale sono realizzati, appunto, solo con materie prime agricole di origine vegetale), né per lavorazione? Questo crea un grave danno ai consumatori, che ora saranno sì confusi, e a un importante settore industriale, con le sue aziende e i suoi lavoratori”, dichiarano le aziende del Gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food.
“I prodotti a base vegetale sono sul mercato da più di 30 anni e non hanno nulla a che vedere con il cibo sintetico o coltivato in laboratorio. Nascono da materie prime agricole tradizionali, che fanno parte da sempre della nostra alimentazione: verdure, cereali e legumi. E aiutano a portare in tavola uno degli ingredienti – i vegetali – che è alla base della dieta mediterranea, considerata in tutto il mondo uno dei modelli alimentari più equilibrato e salutare”, precisa il Gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food.
Il livello di consapevolezza sulla composizione dei prodotti a base vegetale è oggi molto alto tra i consumatori: il 79,3% legge attentamente le etichette di questi prodotti (percentuale che sale fino al 92% presso i consumatori più fedeli). 8 consumatori su 10 le reputano ‘esplicite e chiare’, ‘facili da leggere e comprensibili’, ‘veritiere e non fuorvianti’.
“Questo divieto nelle denominazioni metterà a rischio un comparto in continua crescita (+10% nel 2021) e aziende (coi loro lavoratori) che operano in questo settore da decenni offrendo prodotti sani, naturali e sostenibili. Marche che comunicano i propri prodotti con modalità e denominazioni chiare, auto esplicative, nel pieno rispetto delle norme. Le nostre etichette permettono al consumatore di reperire e scegliere facilmente sugli scaffali, senza rischi di confusione, i prodotti che vogliono portare in tavola. Il divieto finirà, invece, per ottenere l’effetto opposto a quello desiderato, generando confusione e disorientamento per decine di milioni di Italiani, che consumano abitualmente questi prodotti nell’ambito di una dieta varia ed equilibrata, oltre che attenta all’ambiente. Sarebbe giusto continuare semplicemente a denominare i prodotti a base vegetale per come il consumatore è abituato a identificarli, lasciandogli la totale libertà di scegliere cosa, come e quando mangiarli”, è questo l’appello del Gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food che contesta profondamente la nuova norma appena approvata al Senato.