“Stiamo lottando per la nostra vita. E stiamo perdendo”

Ecco il discorso pronunciato dal Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres alla cerimonia di apertura della Cop 27 di Sharm El-Sheikh, la ventisettesima conferenza della Nazioni Unite sul clima.

Tra pochi giorni la popolazione del nostro pianeta supererà una nuova soglia. Il membro numero 8 miliardi della nostra famiglia umana sarà nato. Questa pietra miliare mette nella giusta prospettiva il significato di questa conferenza sul clima.

Come risponderemo quando il “Bambino 8 miliardi” sarà grande abbastanza da chiedere: «Cosa avete fatto per il nostro mondo – e per il nostro Pianeta – quando ne avevate la possibilità?».

Eccellenze, questa conferenza delle Nazioni Unite sul clima ci ricorda che la risposta è nelle nostre mani. E il tempo stringe.

Stiamo lottando per la nostra vita. E stiamo perdendo.

Le emissioni di gas a effetto serra continuano ad aumentare. La temperatura globale continua a salire. E il nostro Pianeta si sta avvicinando rapidamente a dei topping point, che renderanno la catastrofe climatica irreversibile.

Siamo su un’autostrada diretti verso l’inferno climatico con il piede sull’acceleratore.

La guerra in Ucraina, il conflitto nel Sahel, la violenza e i disordini in tanti altri luoghi sono crisi terribili che affliggono il mondo di oggi.

Ma i cambiamenti climatici hanno una tempistica diversa, una scala diversa. È il tema che contraddistingue la nostra epoca. È la sfida fondamentale del nostro secolo. È inaccettabile, vergognoso e autolesionista metterlo in secondo piano.

Infatti, molti dei conflitti attuali sono legati alla crescente crisi climatica. La guerra in Ucraina ha messo in luce i rischi profondi della nostra dipendenza dai combustibili fossili. Le crisi urgenti di oggi non possono essere una scusa per arretrare o per fare del greenwashing. Semmai, sono un motivo di maggiore urgenza, di azioni più incisive e di responsabilità effettiva.

L’attività umana è la causa del problema climatico.

L’azione umana deve essere la soluzione. Azione per rilanciare l’ambizione. E azione per ricostruire la fiducia, in particolare tra Nord e Sud de mondo.

La scienza è chiara: qualsiasi speranza di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi significa azzerare le emissioni nette globali entro il 2050. Ma quell’obiettivo di 1,5 gradi è tenuto in vita artificialmente, e le macchine stanno suonando l’allarme. Ci stiamo pericolosamente avvicinando al punto di non ritorno.

Per evitare questo destino funesto, tutti i Paesi del G20 devono accelerare la loro transizione ora, in questo decennio. I Paesi sviluppati devono prendere l’iniziativa. Ma anche le economie emergenti sono fondamentali per invertire la tendenza delle emissioni globali.

L’anno scorso, a Glasgow, ho invocato la creazione di coalizioni di sostegno alle economie emergenti ad alte emissioni per accelerare la transizione dal carbone alle energie rinnovabili. Stiamo facendo progressi con le Just Energy Transition Partnerships, ma è necessario fare molto di più.

Ecco perché all’apertura della Cop 27 faccio appello affinché nasca uno storico Patto tra economie sviluppate ed economie emergenti: un Patto di Solidarietà Climatica.

Un Patto in cui tutti i Paesi compiono uno sforzo supplementare per ridurre le emissioni in questo decennio, in linea con l’obiettivo di 1,5 gradi.

Un Patto in cui i Paesi più ricchi e le istituzioni finanziarie internazionali forniscono assistenza tecnica e finanziaria per aiutare le economie emergenti ad accelerare la propria transizione verso le energie rinnovabili.

Un Patto per porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili e alla costruzione di impianti a carbone – eliminando gradualmente il carbone nei Paesi OCSE entro il 2030 e ovunque entro il 2040.

Un patto che fornirà energia universale, accessibile e sostenibile per tutti.

Un patto in cui le economie sviluppate ed emergenti si uniscono attorno a una strategia comune e uniscono competenze e risorse a beneficio dell’umanità.

Le due maggiori economie – Stati Uniti e Cina – hanno una particolare responsabilità nell’unire gli sforzi per rendere questo patto una realtà.

Questa è la nostra unica speranza di raggiungere gli obiettivi climatici.

L’umanità ha una scelta: cooperare o morire.

Si tratta di un Patto di Solidarietà Climatica o di un Patto di Suicidio Collettivo.

Abbiamo anche un disperato bisogno di progressi nell’adattamento, per costruire la resilienza alle catastrofi climatiche che verranno.

Oggi, circa tre miliardi e mezzo di persone vivono in Paesi altamente vulnerabili agli impatti climatici. A Glasgow, i Paesi sviluppati hanno promesso di raddoppiare il sostegno all’adattamento a 40 miliardi di dollari all’anno entro il 2025.

Abbiamo bisogno di una tabella di marcia per la realizzazione di questa promessa. E dobbiamo riconoscere che questo è solo un primo passo. Ciò che è necessario per l’adattamento è destinato a crescere fino a oltre 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2030. La metà di tutti i finanziamenti per il clima deve essere destinata all’adattamento.

Le istituzioni finanziarie internazionali e le banche multilaterali di sviluppo devono cambiare il loro modello di business e fare la loro parte per aumentare i finanziamenti per l’adattamento e mobilitare meglio i finanziamenti privati per investire massicciamente nell’azione per il clima. Anche i Paesi e le comunità devono essere in grado di accedervi, con finanziamenti destinati alle priorità identificate attraverso iniziative come l’Adaptation Pipeline Accelerator.

Eccellenze, allo stesso tempo, dobbiamo riconoscere una dura verità: non è possibile adattarsi a un numero crescente di eventi catastrofici che causano enormi sofferenze in tutto il mondo. Gli impatti mortali dei cambiamenti climatici sono già qui, ora. Il loss and damage non può più essere nascosto sotto al tappeto. È un imperativo morale. È una questione fondamentale di solidarietà internazionale e di giustizia climatica. Coloro che hanno contribuito meno alla crisi climatica stanno raccogliendo ila tempesta seminata da altri.

Molti sono stati colti alla sprovvista da impatti per i quali non avevano alcun preavviso o mezzo di preparazione. Per questo motivo chiedo venga implementato un sistema universale di allarme rapido entro cinque anni. Ed è per questo che chiedo a tutti i governi di tassare gli extra-profitti delle aziende produttrici di combustibili fossili. Riorientiamo il denaro verso le persone che lottano contro l’aumento dei prezzi di cibo ed energia e verso i Paesi che subiscono perdite e danni causati dalla crisi climatica.

Per quanto riguarda la gestione del loss and damage, questa Cop deve concordare una tabella di marcia chiara e tempestiva che rifletta la portata e l’urgenza della sfida. Questa tabella di marcia deve prevedere accordi istituzionali efficaci per il finanziamento. Ottenere risultati concreti su loss and damage è una cartina di tornasole dell’impegno dei governi per il successo della COP27.

Eccellenze, amici, la buona notizia è che sappiamo cosa fare e abbiamo gli strumenti finanziari e tecnologici per farcela. È tempo che le nazioni si uniscano per agire. È tempo di solidarietà internazionale a tutto campo. Una solidarietà che rispetti tutti i diritti umani e garantisca uno spazio sicuro ai difensori dell’ambiente e a tutti gli attori della società per contribuire alla sfida climatica. Non dimentichiamo che la guerra alla natura è di per sé una massiccia violazione dei diritti umani. 

Abbiamo bisogno di tutte le mani in pasta per un’azione climatica più rapida e coraggiosa. Una finestra di opportunità rimane aperta, ma passa solo uno stretto raggio di luce.

La lotta globale per il clima sarà vinta o persa in questo decennio cruciale – sotto la nostra responsabilità. Una cosa è certa: coloro che rinunciano sono certi di perdere. Quindi, lottiamo insieme. E vinciamo. Per gli otto miliardi di membri della nostra famiglia umana. E per le generazioni che verranno.