Le conseguenze sulle economie occidentali della guerra scoppiata in Ucraina si vedono su un ampio spettro di problemi a cominciare dall’impennata del prezzo di petrolio e gas. Gli effetti sono tangibili anche nella vita quotidiana dei cittadini e, oltre al contraccolpo sull’energia, in Italia si stanno già registrando ripercussioni sui costi di beni agroalimentari primari, come grano e mais, necessario per il nutrimento del bestiame.

Ucraina, gli effetti della guerra sul prezzo di pane e pasta

Presto il Consiglio europeo straordinario tra i Paesi membri dell’Ue deciderà con molta probabilità un duro pacchetto di sanzioni economiche contro la Russia. Mosca risponderà altrettanto prevedibilmente con conseguenti contro-sanzioni di carattere energetico, chiudendo i rubinetti di gas e petrolio verso l’Occidente. Fattori, che insieme all’impatto che la guerra avrà sulle importazioni dall’Ucraina, incideranno sul costo di beni essenziali per la filiera agroalimentare.

Russia e Ucraina rappresentano insieme circa 1/3 delle esportazioni globali di grano, rispettivamente al primo e al terzo posto tra i Paesi del mondo, il 19% delle forniture mondiali di mais, e l’80% delle esportazioni mondiali di olio di girasole.

Il conto della guerra sull’economia e l’agricoltura 

Le sanzioni, ha detto la presidente della Commissione Europea, Ursula von Der Leyen, colpiranno inizialmente soprattutto sul fronte finanziario, con misure che riguarderanno “il 70% del mercato russo”.

In attesa dei conoscere i dettagli è naturale aspettarsi un impatto negativo anche in Italia che, come ha detto nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, sulle sanzioni, “è perfettamente in linea con gli altri Paesi dell’Unione Europea, primi tra tutti Francia e Germania. Le misure sono state coordinate insieme ai nostri partner del G7, con i quali condividiamo pienamente strategia e obiettivi”.

Misure che si sommeranno a quelle già prese nei giorni scorsi verso la Russia, “in relazione alla decisione di riconoscere l’indipendenza dei territori di Donetsk e Lugansk”, ha detto Draghi, e che ora diventeranno molto più stringenti, e includono “misure finanziarie, come il divieto di rifinanziamento per banche e imprese pubbliche in Russia, e il blocco di nuovi depositi bancari dalla Russia verso istituti di credito dell’Unione Europea; misure sul settore dell’energia, mirate a impedire il trasferimento di tecnologie avanzate, usate soprattutto per la raffinazione del petrolio; misure sul settore dei trasporti, come il divieto di esportazione esteso a tutti i beni, le tecnologie, i servizi destinati al settore aereo; un blocco dei finanziamenti per nuovi investimenti in Russia e altre misure di controllo delle esportazioni; la sospensione degli accordi di facilitazione dei visti per passaporti diplomatici e di servizio russi. Prevediamo inoltre un secondo “pacchetto” che includa membri della Duma non ancora sanzionati. In questi giorni, l’Unione Europea ha dato prova della sua determinazione e compattezza. Siamo pronti a misure ancora più dure se queste non dovessero dimostrarsi sufficienti”.

Ovviamente, “le sanzioni che abbiamo approvato, e quelle che potremmo approvare in futuro, ci impongono di considerare con grande attenzione l’impatto sulla nostra economia. La maggiore preoccupazione riguarda il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento dal 27% di 10 anni fa”. Per ora, spiega Draghi, le scorte sono sui livelli degli scorsi anni e degli altri Paesi Ue, ed il “Governo è comunque al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica”.

L’impatto della guerra sul fronte del vino: rischio export per 375 milioni di dollari

Contro-sanzioni, ma anche danni indiretti derivanti da crollo del rublo e prezzi energetici alle stelle minacciano l’export di vino italiano in Russia.

Per il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti: “Ci troviamo costretti a dover rinunciare a una piazza strategica per l’Italia, che è il primo Paese fornitore di vino in Russia, proprio in una fase di forte risalita degli ordini. In attesa fare luce sulle ipotesi di fermo delle esportazioni, consigliamo alle imprese italiane di vino di effettuare consegne verso la Russia solo dopo aver conseguito adeguate garanzie sui pagamenti”.

Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly su base dogane, solo lo scorso anno si sono registrati ordini dalla Russia per un valore di 375 milioni di dollari, in crescita dell’11% sull’anno precedente, a fronte di 1,155 miliardi di dollari di importazioni complessive di vino dall’estero. L’Italia, primo Paese fornitore con una quota di mercato di circa il 30% davanti a Francia e Spagna, ha registrato nel 2021 un boom della domanda di spumanti (25%) e un incremento del 2% per i fermi imbottigliati. Tra le denominazioni più richieste da Mosca, il Prosecco, il Lambrusco e l’Asti spumante, oltre ai vini Dop toscani, siciliani, piemontesi e veneti. Anche l’Ucraina, dove l’Italia è leader di mercato, nei primi 9 mesi 2021 ha registrato un import di vino italiano a +20% per i vini fermi e frizzanti in bottiglia, e +78% per gli spumanti.

Consorzi Agrari d’Italia commenta i dati delle rilevazioni della Borsa Merci di Bologna

Ma, sul fronte agricolo, come già avvenuto nei giorni scorsi, gli effetti della guerra in Ucraina già si fanno sentire, “con l’aumento di mais (+3,5%), grano tenero (+2,5%) e soia (+1,5%)”. A dirlo il Cai – Consorzi Agrari d’Italia, commentando i dati delle rilevazioni della Borsa Merci di Bologna, punto di riferimento per le contrattazioni nazionali delle materie prime agricole. Il grano tenero, utilizzato per la produzione di pane, farine e biscotti, viene quotato, a seconda del valore proteico, dai 4 agli 8 euro in più a tonnellata, attestandosi in media intorno ai 315-320 euro/tonnellata con quote di 381 euro/tonnellata per gli speciali di forza (+2,5%). Deciso l’aumento anche del mais, fondamentale per la produzione di mangimi, che viene quotato 10 euro in più a tonnellata (+3,75%). Aumenta di 10 euro a tonnellata anche la soia (+1,5%), mentre l’orzo e il sorgo quotano rispettivamente 7 e 6 euro in più a tonnellata (+2,4%). La Borsa Merci di Chicago, punto di riferimento a livello internazionale, ha registrato aumenti più contenuti rispetto a ieri con grano tenero (+1,2%), mais (+1%) e soia (+1,1%).

“Occorre impegnarsi per evitare che questa crisi colpisca consumatori e agricoltori, anche a causa di possibili manovre speculative finalizzate a costringere i produttori a vendere sotto la soglia degli enormi costi di produzione sostenuti in questo periodo per il caro energia – spiega Gianluca Lelli, amministratore delegato di Consorzi Agrari d’Italia – è chiaro che, visto lo scenario in evoluzione, non sono da escludere rincari dei prodotti finali come pane, farina, biscotti o mangimi per animali che però dobbiamo limitare evitando proprio le speculazioni nella filiera”.

Coldiretti: noi importiamo il 64% del grano tenero per il pane e i biscotti

L’Italia, secondo un’analisi Coldiretti, importa il 64% del grano tenero per il pane e i biscotti, il 44% di quello necessario per la pasta, senza dimenticare il mais e la soia fondamentali per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, dove con le produzioni nazionali si riesce attualmente a coprire rispettivamente il 53% e il 73% del fabbisogno italiano. Ma la guerra, aggiunge la Coldiretti, fa esplodere il caro concimi con aumenti fino al 170% che pesano sulla filiera agroalimentare made in Italy mettendo a rischio le forniture alimentari e aggravando la dipendenza del Paese dall’estero.
“Gli effetti dell’invasione russa si riflettono infatti – sottolinea Coldiretti – direttamente sulla produzione alimentare, soprattutto a causa dei rincari dei fertilizzanti, legati agli aumenti del gas ma anche alle mosse di Putin che ha deciso di imporre il divieto all’esportazione di nitrato di ammonio, prodotto fondamentale per la concimazione del grano, di cui rappresenta da solo circa un quarto dei costi complessivi di coltivazione. Una decisione assunta per mettere in difficoltà la produzione europea di cereali, fortemente dipendente dalle materie prime estere. La conseguenza è una riduzione generale della disponibilità sui mercati che, oltre a far schizzare in alto i prezzi con rincari di oltre il 170% (da 250 euro/tonnellata a 670 euro/tonnellate), mette di fatto a rischio la produzione europea di grano, a partire da quella italiana. Il nitrato di ammonio viene, infatti, a mancare proprio nella fase decisiva per la crescita delle spighe, diminuendo inevitabilmente la produttività con il taglio dei raccolti”. Una scelta che danneggia gravemente le aziende agricole, ricorda Coldiretti, già in difficoltà a causa dei rincari di tutti i fertilizzanti legati all’impennata del costo del gas scatenata dal conflitto.

Il risultato è che il 30% delle imprese agricole è costretta a ridurre i raccolti, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’, con una situazione insostenibile che mette a rischio le forniture alimentari e, con esse, la sovranità alimentare del Paese che è già obbligato ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato e il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale. Senza dimenticare il mais e la soia fondamentali per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, dove con le produzioni nazionali si riesce attualmente a coprire rispettivamente il 53% e il 73%, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.

“In un momento difficile per l’economia mondiale a causa della pandemia Covid occorre ritrovare la via del dialogo superando le tensioni per accompagnare la ripresa” ha affermato il presidente Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “nell’immediato occorre anche garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende e delle stalle affinché i prezzi riconosciuti ad agricoltori e allevatori non scendano sotto i costi sostenuti in forte aumento per effetto dei rincari di petrolio e gas che hanno un effetto a valanga su tutti i fattori produttivi”. Dinanzi a una situazione esplosiva Coldiretti chiede interventi immediati a partire dallo sblocco di 1,2 miliardi per i contratti di filiera già stanziati nel Pnrr, ma anche incentivare le operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito delle imprese agricole a 25 anni attraverso la garanzia del 100% pubblica e gratuita di Ismea e fermare le speculazioni sui prezzi pagati degli agricoltori con un efficace applicazione del decreto sulle pratiche sleali.

Per la Confagricoltura serve un piano di emergenza per l’ agroalimentare

La Confagricoltura guidata da Massimiliano Giansanti, dal canto suo, chiede “un piano di emergenza per il settore agroalimentare, coordinato dalla Commissione europea, per assicurare la continuità dei cicli produttivi e garantire i rifornimenti. Lo squilibrio dei mercati agroalimentari, innescato nel 2014 dall’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa, rese necessario un intervento di sostegno del bilancio europeo di un miliardo di euro. La situazione e le prospettive attuali sono ben più gravi, tra aumento dei prezzi e vere e proprie carenze di produzione. Vedremo in dettaglio l’elenco delle sanzioni in ambito commerciale decise ieri sera dal Consiglio Europeo – prosegue il presidente Confagricoltura – a cui seguiranno le scontate reazioni di Mosca. Ma i segnali che arrivano dai mercati già destano profonda preoccupazione”.
I prezzi del gas e del petrolio continuano a salire, sottolinea Confagricoltura, e sono praticamente ferme le partenze di cereali dai porti dell’Ucraina. Sono quindi a rischio le esportazioni verso i principali mercati di sbocco costituiti da Egitto, Turchia, Indonesia e Marocco.

“Il mercato internazionale dei cereali è sotto pressione, anche a causa delle stime relative alla contrazione dei raccolti in Argentina e Brasile per la carenza di piogge – segnala Confagricoltura – ed è destinato quindi a salire il costo per l’alimentazione del bestiame che già alla fine dello scorso anno ha fatto registrare un rialzo del 30%”. I future relativi al grano sono saliti in un giorno del 6%, mentre sono in calo del 2% quelli del bestiame. Confagricoltura ricorda, inoltre, che dall’inizio di febbraio le autorità di Mosca hanno bloccato le esportazioni di nitrato di ammonio, che è utilizzato per la produzione di fertilizzanti. Al momento, il blocco proseguirà fino ad aprile. “Le sanzioni varate dalla Ue riguardano anche la Bielorussia – segnala Giansanti – che ha deciso il blocco delle importazioni di prodotti agroalimentari dagli Stati membri. Sono già crollate le esportazioni di mele e pere dall’Unione”.

No alla guerra in molte città d’Italia

In moltissime città italiane si scende in piazza contro la guerra.

I primi a manifestare contro l’invasione del loro Paese da parte della Russia sono stati i cittadini di origine ucraina: una trentina di persone ha organizzato un presidio davanti al consolato russo a Milano, vicino a piazzale Segesta, in zona San Siro. “Stop Putin”, “Putin terrorista”, “No war” si legge sui cartelli esibiti da chi è sceso in strada a protestare, avvolto dalle bandiere con i colori dell’Ucraina. E quando i cittadini russi sono usciti dal consolato, ci sono stati accesi diverbi con i manifestanti ucraini.

Ma cortei e manifestazioni si tengono in moltissime città italiane.