La Pasqua è sinonimo di dolci. Dolci tradizionali innanzitutto.

I dolci più amati, dai grandi e piccini, in Abruzzo  sono le Pupe e i cavalli, biscotti a base di pasta frolla arricchita, in alcune province, con un uovo sodo: nel giorno di Pasqua, si regalano ai bambini,  per la bimba c’è la pupa e per il maschietto il cavallo.

In Basilicata troviamo le pannarelle, che sono delle preparazioni pasquali spesso a forma di treccia o cuore chiuse a cerchio con un uovo al centro per evocare l’idea di un cestino pieno di dolci per i bambini. In Calabria ci sono i cuculi, tipici dolci pasquali fatti con una pasta di pane piuttosto zuccherata, aggiungendo qualche goccia di anice e di scorza di limone per dargli una caratteristica nota di sapore.

In Campania non può mancare sulle tavole pasquali la pastiera (leggere qui sotto) e i quaresimali caratterizzati da una grande quantità di mandorle all’interno dell’impasto.

Dall’Emilia arriva il Bensòne che è tra i più antichi dolci prodotti nel territorio di Modena  dalla forma ovalizzata, con la farcitura di marmellata di prugne e amarene. Il nome di questo dolce deriva da “pane di benedizione”, quando in occasione del sabato santo era tradizione far benedire il dolce in chiesa per poi essere gustato nella tradizionale colazione di Pasqua inzuppato nel latte. E, sempre dall’Emilia, ecco la colomba di Pavullo, borgo dell’Appennino emiliano, una golosa torta di origine contadina, formata da quattro sfoglie di pasta lievitata e farcita con il Savòr, una composta di mosto cotto d’uva e frutta, pinoli e uvetta passolina.

Il Friuli regala invece la pinza, un dolce  di antica tradizione che si presenta come una pagnotta arrotondata sulla quale viene incisa una croce a simboleggiare il martirio di cristo. La sue origini sono antichissime e la preparazione è tramandata da secoli tanto tanto che si narra che perfino i romani abbiano avuto modo di assaggiarla.

E dalla pinza friulana si passa alla pizza dolce del Lazio tipica di Roma, un dolce a forma di panettone molto profumato e molto gustoso mentre la Pigna di Pasqua è tipica della Ciociaria ricco di uvetta, canditi, vaniglia, cannella, anice e chi più ne ha più ne metta, si distingue per una preparazione ed un gusto particolari, con gli aromi ed i profumi dei canditi all’arancia e al limone e un accenno di liquore.  E se in Liguria troviamo i canestrelli pasquali, cestini intrecciati di pasta frolla, con al centro o sui bordi delle uova talvolta colorate, dalla Lombardia  arriva la classica colomba di Pasqua a base di farina, burro, uova, zucchero e buccia d’arancia candita, con una glassatura alle mandorle e nelle Marchenon si può rinunciare alle ciambelle pasquali, squisiti biscotti preparati secondo una ricetta antica e perfezionata dalle cosiddette “vergare” le donne di casa marchigiane che iniziano ad impastare le ciambelle il Venerdì Santo per farle riposare e poi cuocerle il giorno di Pasqua. In Molise, tradizionalmente, per Pasqua, si prepara la pigna, che è una sorta di ciambella a base di farina e uova. Questo dolce, in alcune zone, veniva regalato dalla futura sposa al fidanzato al fine di ricambiare l’omaggio di un agnello donato in genere nel corso del pomeriggio di sabato santo. In Piemonte invece abbiamo lo squisito salame del Papa, un goloso salame di cioccolato e i tirà minuscole pagnottelle che i bambini intingono volentieri nel latte ed i grandi in un vino dolce.

In Puglia immancabili sono le scarcelle biscotti di frolla con zucchero, farina, uova, olio, scorza di limone, talvolta latte.

In Sardegna troviamo le Pardulas a base di formaggio o ricotta e l’Aranzada nugoresa finissimi fili di buccia d’arancia cotti lentamente nel miele e arricchiti da filetti di mandorle tostate.

In Toscana invece abbiamo la Schiacciata Pisana un pane dolce dall’inconfondibile aroma di anice che viene accompagnato dal vin santo, è tipica della zona di Pisa e Livorno, ma è diffusa in tutta la regione ed è chiamata con nomi differenti, tra cui sportellina e “stiacciata” dall’azione dello “stiacciare” ovvero aprire le uova, ingrediente presente in grande quantità nel dolce.

In Trentino Alto Adige troviamo la corona pasquale, una treccia dolce lievitata e anche il fochaz-osterbrot, un pane dolce piatto di farina di grano, generalmente a forma di coniglietto. In Umbria invece abbiamo la Ciaramicola, un dolce tipico di Pasqua con alchermes, meringa e zuccherini colorati. Il bianco e il rosso richiamano i colori di Perugia, città che ha dato i natali a questo dolce tipico pasquale. I rigonfiamenti e gli avvallamenti di questa torta richiamano i vari quartieri della città di Perugia.

In Val d’Aosta, in occasione della festività  la tradizione prevedeva la preparazione della flantse o flantson, pani di segale appiattiti, di solito a forma rotonda, a cui si aggiungevano un po’ di zucchero, magari un po’ di burro, uvetta, mandorle e canditi per rendere ancora più speciale il regalo. In Veneto invece il dolce della tradizione contadina si chiama fugassa e vanta origini molto antiche. La tradizione racconta che la focaccia veneta fu ideata da un fornaio trevigiano che in occasione della Pasqua aggiunse all’impasto del pane altri ingredienti, come uova, burro e zucchero, tutto in quantità moderata dati i costi, ottenendo così un pane soffice e dolce, da regalare ai suoi clienti.

In Sicilia troviamo la cuddura cu l’ova, che è un impasto dolce, simile ad una pasta frolla, che contiene uova sode intere, impasto che viene poi decorato con zuccherini colorati, cotto in forno e, a volte, completato successivamente con glassa bianca. Anticamente la cuddura veniva considerato un dolce povero per la semplicità degli ingredienti usati, ma con il passare degli anni questa tradizione è andata diffondendosi un po’ su tutte le tavole. Le forme possono essere diverse a seconda di chi le prepara per esempio  le fidanzate la impastavano a forma di cuore per il loro promesso sposo, oppure si modellava a campana per simboleggiare lo scampanio festoso del giorno di Pasqua o ancora a cestino per augurare abbondanza.

A Napoli regina (indiscussa) è la pastiera

Tra i dolci pasquali più famosi al mondo, una protagonista assoluta è la pastiera napoletana. Nota fin dal 1600, questa torta viene comunemente servita alla fine del pranzo pasquale in tutta la Campania. Dorata e croccante esternamente, morbida e profumata all’interno, la pastiera è una torta di pasta frolla con un ripieno bello ricco e sostanzioso: ricotta fresca, zucchero, uova, frutta candita e grano bollito nel latte. La tradizione napoletana prevede in particolare l’utilizzo di acqua millefiori, vaniglia, canditi e scorza d’arancia, ma esistono anche varianti alla crema pasticcera e cioccolato bianco. In origine la pastiera era preparata nel periodo compreso tra Epifania e Pasqua: questo intervallo di tempo, secondo la tradizione locale, era considerato il migliore sia per la ricotta, sia per il grano. Oggi che il grano si trova in commercio conservato e venduto già cotto nei vasetti, la pastiera è proposta durante tutto l’anno.

In Calabria le cuzzupe nascondono messaggi cifrati

Dolce tipico di tutta la Calabria, anche se a seconda dei luoghi varia il nome (angute, sgute, cudduraci…), la cuzzupa è irrinunciabile nelle festività pasquali. Di derivazione contadina, le cuzzupe sono solitamente preparate in anticipo e si conservano per il giorno di Pasqua. La forma più classica è quella della ciambella, ma sono molto diffuse le varianti più fantasiose: bambole, cuori, uccellino, farfalle o cuculi, dei filoncini alla cui estremità è messo un uovo. Farina, strutto, lievito di birra, limone, uova e anice gli ingredienti usati per questo dolce che ha origini orientali e simboleggia la fine del digiuno quaresimale. Nella tradizione calabrese il numero delle uova impiegate per la cuzzupa ha poi un significato ben preciso. Se la suocera usa 7 uova nel dolce regalato al genero vuol dire che è in arrivo il matrimonio, se invece ne usa 9 è rinnovata la promessa di fidanzamento. Semplici e colorate le cuzzupe vengono decorate con confettini e codette.

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