Ora il “Youth4Climate”, a seguire fino al 2 ottobre la PreCop26

Il capo dello stato Mattarella, i premier Draghi e Johnson il 30 ascolteranno i giovani e apriranno la Conferenza ministeriale

Il 28  col ministro Cingolani e le giovani leader Greta Thumberg e Vanessa Nakate

Youth4Climate a Milano con Greta Thunberg

Anche Greta Thunberg è intervenuta all’apertura dei lavori di Youth4Climate, l’evento organizzato dal governo italiano che proprio in queste ore sta riunendo a Milano circa 400 giovani provenienti dai paesi membri dell’UNFCCC, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

Le Parole di Greta a Milano

Greta al MiCo di Milano

Le azioni dei nostri leader sono un tradimento delle promesse e delle speranze dei giovani”, infatti si continuano a concedere “licenze petrolifere, a svolgere esplorazioni petrolifere, vergognosamente congratulandosi tra loro quando non raggiungono nemmeno il minimo livello dei fondi promessi” per aiutare i Paesi in difficoltà. “Se questa è la vostra azione climatica allora non la vogliamo“, perché “portate giovani a eventi come questo facendo finta di ascoltarci e invece non lo fate”. Greta Thunberg, giovane svedese attivista per il clima, lo dice partecipando alla Youth4Climatein corso al al MiCo di Milano, davanti a una platea di circa 400 giovani provenienti da 186 Paesi.

“Guardate le statistiche, le emissioni aumentano, la scienza non mente – prosegue Greta – stiamo accelerando nella direzione sbagliata. Solo il 2% dei fondi messi a disposizione dai governi per il recovery sono destinati alle energie pulite“, ma la speranza non sono parole, speranza è agire, e noi, il popolo, vogliamo un futuro più sicuro, vogliamo azione per il clima e giustizia climatica, e la vogliamo adesso”.

Fino a giovedì 30 settembre i giovani si divideranno in diversi tavoli tematici per confrontarsi su alcune complesse questioni legate alla crisi climatica e chiudere i lavori, giovedì 30, con la presentazione delle loro proposte ai ministri attesi per la preCOP26, che si svolgerà subito dopo sempre a Milano e avrà la missione di spingere in avanti l’agenda politica in vista della COP26 di Glasgow su alcune questioni particolarmente spinose che sono rimaste in stallo da oltre un anno e mezzo a causa dell’emergenza sanitaria scatenata dal Covid-19.

Un forte messaggio intergenerazionale dai giovani verso i potenti della terra -così recita una nota del Ministero della Transizione ecologica– per arginare il global warming, un grande impegno dei Governi del mondo per alzare la posta nella sfida per il clima.

Questi i due temi chiave degli eventi internazionali che si stanno svolgendo a Milano che diventerà per cinque giorni la capitale green del pianeta.

I lavori sono stati aperti dal ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, e dagli indirizzi di saluto del presidente della Cop26, il britannico Alok Sharma, del segretario della a Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Patricia Espinosa, e del sindaco di Milano Giuseppe Sala.

In apertura, come riportato qui sopra,  gli interventi delle due più note giovani attiviste internazionali sul fronte del clima, Greta Thumberg e Vanenna Nakate, svedese la prima, ugandese la seconda a portare la voce dei ragazzi del nord e del sud del mondo uniti nella battaglia per il loro futuro. Accanto a loro i delegati di tutti i paesi, anche di quelli che stanno vivendo condizioni o momenti particolari come l’Afghanistan, che sarà rappresentato da una ragazza e un ragazzo, in un mondo in cui la crisi climatica si sovrappone alle crisi politiche e alle guerre e la condizione dei giovani e la loro libertà rappresenta un elemento ineludibile di crescita socioculturale.

E sul contributo, l’impegno, lo stimolo propositivo che i giovani possono dare in questa sfida che li vede in prima linea si articoleranno i quattro gruppi di lavoro che approfondiranno le tematiche che poi saranno riassunte nel documento che il 30 settembre i giovani illustreranno dinanzi a Mattarella, Draghi e Johnson consegneranno ai 51 ministri dell’ambiente riuniti per la PreCop.

I giovani si confronteranno in gruppi e sottogruppi di lavoro su: Ambizione climatica, Ripresa sostenibile dopo la pandemia, coinvolgimento degli attori non statali, una società più consapevole delle sfide climatiche.

Le riflessioni su questi temi costituiranno l’affidavit dei ragazzi alla politica internazionale per la PreCop che dal 30 pomeriggio, dopo l’inaugurazione col Capo dello Stato e i due premier, approfondirà i temi della trattativa internazionale per creare le condizioni di un accorso alla Cop26 di Glasgow sui principali temi sul tappeto, primo fra tutti quello delle misure per l’adattamento ai cambiamenti climatici che, con il moltiplicarsi per frequenza e intensità degli eventi estremi diventa di cruciale importanza specie nei paesi meno ricchi.

Le “cinque giornate” di Milano saranno insomma il trampolino di lancio per decisioni che si confida possano avvicinare la comunità internazionale all’obiettivo più alto fissato a Parigi nel 2015, quello di limitare a 1,5 gradi l’innalzamento delle temperature globali.

Edo Ronchi: «L’Ipcc lancia l’allarme ma l’Italia non ha ancora una legge per il clima»

Alla canna del gas. L’ex ministro: accelerare la decarbonizzazione. Cingolani smetta di definire la transizione un bagno di sangue

«Se il peggioramento del clima è più rapido del previsto, come ci ha detto l’Ipcc, è assolutamente necessario accelerare gli impegni di decarbonizzazione che devono rientrare nelle priorità dei governi. Al momento, però non si vede corrispondenza tra la gravità della crisi climatica e l’effettivo impegno della politica, anche in Italia».

Edo Ronchi, ex ministro dell’Ambiente, oggi è presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile e dell’iniziativa Italy for climate, creata per coinvolgere le imprese verso la neutralità delle emissioni.

Ronchi, a un paese come l’Italia converrebbe essere in prima linea sul fronte della decarbonizzazione?

Io penso proprio di sì. Per vari motivi: l’Italia si trova nel Mediterraneo, un’area critica dal punto di vista del rischio climatico. Importa combustibili fossili, dunque disporre di fonti di energia rinnovabile consentirebbe di tagliare la bolletta energetica. Poi c’è un Made in Italy manifatturiero molto legato all’idea di qualità e bellezza che non può non essere anche neutro sul piano climatico, oltre a settori avanzati nella green economy. Di conseguenza, potrebbe fare di più.

Cosa manca?

Basta guardare i numeri. Avremmo bisogno di aumentare di 7/8 MW aggiuntivi all’anno le rinnovabili elettriche, mentre oggi queste stanno crescendo ad un ritmo che è al sotto del MW. Dove sono le misure per arrivarci? Il nostro governo ha fatto il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pprr) senza aggiornare i target climatici, ma con i vecchi obiettivi della riduzione della CO2 del 40% entro il 2030, mentre l’Europa lo ha innalzato al 55%: con questa sfasatura è difficile valutare come saranno allocate le risorse. All’Italia in definitiva manca una legge per la protezione del clima che fornisca a tutti i settori un orizzonte sulla traiettoria della decarbonizzazione. Ce l’hanno paesi come il Regno Unito, la Germania, la Francia, la Spagna, noi no.

A cosa potrebbe servire questa legge?

La legge servirebbe a definire gli obiettivi di decarbonizzazione in modo che siano vincolanti e non dipendano dagli indirizzi del singolo governo, a meno che cambi la legge. Servirebbe inoltre a dare un quadro certo di riferimento ai diversi settori, a ripartire in maniera vincolate l’impegno di riduzione tra i settori, a stabilire gli strumenti per raggiungere gli obiettivi. Per inciso: la Corte Costituzionale tedesca, accogliendo un ricorso, ha cassato la legge tedesca sul clima perché riduceva troppo poco le emissioni: da noi un provvedimento del genere non sarebbe possibile perché noi una legge non ce l’abbiamo. In questo periodo di pandemia abbiamo sperimentato l’importanza di avere un Comitato tecnico-scientifico super-partes, ma sull’emergenza climatica non ce l’abbiamo. Servirebbe a sganciare il controllo delle emissioni e dell’efficacia delle misure sul clima dalle maggioranze politiche transitorie. Un Comitato del genere va istituito per legge. Poi c’è la questione della ripartizione dell’impegno tra Regioni e Comuni, e anche questo va deciso per legge. Come si fa a stabilire che dopo il 2035 non possono più essere immatricolate automobili con il motore endotermico, se non con una legge? Per non parlare della riforma del settore fiscale, nella quale non si può pensare di non inserire qualche forma di carbon pricing, visti i danni che l’anidride carbonica crea al clima.

Perché non ce l’abbiamo ancora una legge sul clima?

Io penso perché noi abbiamo maggioranze parlamentari e di governo che su questa questione non sono affatto convinte di impegnarsi a fondo.

Dal nuovo ministero della Transizione ecologica arriva qualche segnale?

A livello di dichiarazioni sì, ma a livello operativo il ministero è ancora in fase di riorganizzazione e stenta ad essere pienamente operativo. Aspettiamo. Il ministro Cingolani potrebbe almeno evitare di sottolineare in ogni occasione le difficoltà della transizione ecologica…

Considerato l’aggravarsi della situazione, dovremo anche affrontare il tema dell’adattamento climatico nei territori, città per città, strada per strada. In Italia se ne parla abbastanza?

Noi abbiamo fatto un lavoro lo scorso anno sui piani di adattamento e abbiamo visto che è un genere sconosciuto nelle amministrazioni locali, salvo rare eccezioni. Una legge sul clima dovrebbe prevedere piani di adattamento obbligatori che indichino a quali rischi i cittadini sono esposti e come affrontarli.

A livello globale, il problema della decarbonizzazione secondo lei è più politico o tecnologico?

Dal punto di vista della politica globale sappiamo che ci sono paesi che frenano e altri invece che sono più disponibili, per varie ragioni e interessi particolari. L’idea di partire tutti insieme, quando tutti sono pronti o d’accordo, però, non funziona, rallenta. Invece la prima scelta politica da fare è partire comunque, unilateralmente, puntando a trascinare i ritardatari, dimostrando che l’economia della neutralità per il clima è competitiva. Lo stesso possiamo dire per le tecnologie: per raggiungere la neutralità climatica ne avremo bisogno di aggiuntive, ma intanto cominciamo ad usare quelle migliori che abbiamo a disposizione, con cui può già fare tantissimo.

C’è invece chi teme la perdita di competitività, soprattutto nei confronti di paesi come la Cina che ha obiettivi climatici diversi.

Io sono convinto che chi riesce a tagliare le emissioni si aggiudica dei vantaggi competitivi. Supponiamo di produrre biometano dai fanghi dei depuratori, eliminando i costi di smaltimento. O di sostituire le plastiche con bioplastiche dagli scarti del settore agro-alimentare. Io vedo vantaggi economici che creano competitività. Se la Cina fosse al riparo dalla crisi climatica potrebbe ignorare questi aspetti, ma non può farlo. Inoltre, l’Ue ha già deciso con gli Usa di adottare una Border Carbon Tax per respingere il dumping ambientale e proteggere l’occupazione. Nella transizione ecologica ci dobbiamo anche proteggere.

Da Il Manifesto 10. 08. 2021

Il libro di Edo Ronchi sulle Sfide della transizione ecologica su Gustoh24