Che dura la vita quando dopo le vacanze si deve riprendere la daily routine!

Più lunghe sono state le vacanze più risulta difficile riabituarsi ai ritmi quotidiani e le giornate non possono assolutamente essere GustoH24, ci dobbiamo  accontentare di GustoH2/4.

Eppure prima o poi dovremmo dedicare storie alle attività che ci aiutano a rendere speciali per lo meno un paio di ore al giorno, me ne ricorderò, ma per il momento grazie a ex alunni ho potuto godere di GUSTOH48.

Gli alunni sono DIAMANTI, la metafora serve a capire che “sono per sempre”, solo l’Alzheimer può cancellare il passaggio di queste persone dalla vita di un’insegnante, 38 anni sono tanti, ma le facce e spesso anche i nomi restano nelle cellule del cervello da qualche parte pronti a saltare fuori.

Erano decenni che Alessandra mi parlava di Bardi e dei suoi adorati cavalli bardigiani e con Mauro, altro alunno che dopo 30 anni ancora spedisce cartoline dai posti che visita alla sua insegnante, abbiamo concretizzato il progetto che ci ha portati sull’Appennino parmense nell’alta valle del Ceno.

Una guida in abito di foggia medievale e una conoscenza vasta, precisa e dettagliata della storia del castello di Varano de Melegari ci ha condotto alla scoperta degli ambienti più interessanti della fortezza. Le informazioni sono state così tante e così bene intrecciate con la storia medievale che quando abbiamo visitato l’enorme castello di Bardi potevamo essere guide noi stessi.

Sono intriganti e affascinanti i castelli, ma mucche e Parmigiano Reggiano prodotto da agricoltura biologica sulle montagne di Parma sono altrettanti tesori del territorio.

Alessandra, che oltre a essere bibliotecaria é capace di organizzare perfetti tour per fare conoscere e apprezzare le ricchezze del paese in cui le sue radici affondano profondamente e che tanto ama, ha pianificato una visita al Caseificio Brugnoli sulle montagne tra la provincia di Parma, Piacenza e la costa ligure.

Già la localizzazione dell’azienda fa capire come la zona sia permeata da un microclima dovuto alla corrente del golfo di Genova, quando siamo arrivati c’era un cielo azzurro, il sole ancora riusciva a scaldare nonostante il freddo del giorno prima e intorno a noi prati e onde di colline verdi: beneficiarie di tutto questo le mucche, 380 esemplari felici e fortunati.

Ci ha ricevuti Tino Brugnoli, uno dei tre soci dell’azienda e anche veterinario e omeopata che ci ha fatto osservare come la loro pelle é la prova più visibile e certa del loro ottimo stato di salute, il pelo é lucido, la polvere non si attacca, il loro fegato funziona perfettamente.

Le mucche non si ammalano anche perché, essendo libere di muoversi,  riescono a proteggersi dalle correnti d’aria che sono la causa principale di malattie, passano dall’aperto al chiuso e dal chiuso all’aperto a loro piacimento.

Ma  per le bestie come per gli esseri umani é l’alimentazione la chiave del benessere fisico e chissà che pure la mente delle mucche possa trarne giovamento, in fondo perché non dovrebbe funzionare anche per loro  il vecchio adagio ‘Mens sana in Corpore sano’?

Cosa mangiano questi animali? Innanzitutto l’erba che ricopre i 300 ettari dell’azienda in una valle che già 2000 anni fa l’imperatore Traiano descriveva dotata di alta salubrità e dove, tra i fili d’erba, alle nostre mucche può capitare di assaggiare alcune delle 53 varietà di orchidee selvatiche presenti nella zona. Inoltre, per avere una componente proteica, la dieta viene arricchita da fieno proveniente da campi coltivati a erba medica e per completare i loro mangiarini tanto incontaminato foraggio di montagna.

É allo studio dell’Università Cattolica di Piacenza l’analisi dei fieni di montagna della zona e la loro ricchezza di polifenoli ed é attraverso questi che passano colore, profumo e dolcezza al latte.  Quando abbiamo fatto un giro nelle stalle non abbiamo sentito cattivi odori, abbiamo annusato il fieno che stavano mangiando e lo abbiamo trovato delicatamente profumato.

Una cosa che abbiamo notato nel guardare le mucche é che non sono tutte uguali, Tino ci diceva che sono tutte incrociate con razze diverse, il proverbio ‘Donne e buoi dei paesi tuoi’ non é stato certamente preso in considerazione in questa azienda per lo meno nella sua seconda parte, non ho fatto domande sulla prima. Questa pratica favorisce la nascita di bestiame che assorbe le migliori caratteristiche della coppia e diventa sempre più forte e in grado di schivare malattie.

Ovviamente nell’azienda Brugnoli le mucche vengono curate con prodotti omeopatici per garantire l’assenza di residui farmacologici nel latte e vengono coccolate amorevolmente da alcuni lavoratori indiani che, dotati di grande e risaputa sensibilità nei confronti di questi animali, si accorgono immediatamente di un loro disagio, gli indiani fanno parte dei 15 dipendenti del caseificio.

Tutte queste accortezze sono finalizzate alla produzione di latte di ottima qualità, in fondo tre sono gli ingredienti del parmigiano reggiano: LATTE, CAGLIO e SALE  e se il latte non é perfetto la forma scoppia.

A questo punto abbiamo salutato le serene bestiole e abbiamo seguito la strada del latte che diventa parmigiano: nove sono le forme che si ottengono quotidianamente, si passa successivamente alla sala di asciugatura e poi per 28 giorni vengono immerse in salamoia per favorire la migrazione del sale verso il centro, operazione che per essere completa ha comunque bisogno di un periodo di 8/9 mesi; il ventinovesimo giorno le forme vengono portate in magazzino e qui la visione é stata davvero speciale, vedere 700 forme di parmigiano allineate su scaffali che si arrampicano fino al soffitto creando una ventina e oltre di ripiani, mi ha fatto confondere sacro e profano e ho visto come una cattedrale di formaggio.  La quantità é solo il 10% della produzione stoccata che quindi comprende un tesoro di circa 8000 forme.

E finalmente é arrivata la fase più attesa: l’assaggio.

Molto generosamente Tino ha messo a nostra disposizione preziose pepite di parmigiano tagliate al momento da pezzi di diversa stagionatura: 24, 36 mesi, ci ha invitati a osservare l’uniformità del colore, la distribuzione omogenea dei cristalli di tirosina che deve il suo nome al vocabolo greco tyros, formaggio.

Soprattutto, assaggiando la dolcezza di pezzi di 3 anni, si capisce come sia sbagliato associare il sapore al salato, un buon prodotto produce ipersalivazione, cruciale  per le funzionalità gustative della lingua, disseta innanzitutto e dà il suo meglio non esattamente in bocca, ma é più in basso, verso la gola che sprigiona i suoi aromi

Che dire? La visita al Caseificio Brugnoli é stata una vera esperienza che ha coinvolto tutti i nostri sensi e ho molto apprezzato quello di gratitudine di Tino nei confronti della prima generazione, suo padre Gino, che negli anni ’60, quando la montagna si spopolava, decise di rimanere e investire sulla sua terra.

Una vera esperienza é ascoltare persone che parlano con amore del proprio lavoro.