Passione, competenza, metodo, questi sono i tre criteri fondamentali sui quali Fabio Mercuri si basa per stilare la sua carta vini, responsabile di sala e sommelier di Osteria Briganti.

Osteria Briganti, situata nel cuore del borgo antico di Gallipoli (Città Bella) meta turistica molto ambita, si lega ai sapori e ai prodotti del mare, elemento naturale che caratterizza il borgo. Il ristorante nasce nel 2014, oggi luogo di riferimento di turisti e locali, dall’intuizione e dalla creatività di due amici, Mino Pepe patron e chef e Luigi, ex pescatore, dal compito di reperire il pescato del giorno.

L’importanza di una buona carta dei vini è fondamentale per una struttura, che sia ristorante o wine bar, è il biglietto da visita poiché rispecchia ricerca e competenze. La carta dei vini deve essere precisa e, fornire tutti gli elementi informativi essenziali, a poter compiere la scelta giusta per il cliente.

In una soleggiata mattina di maggio, davanti ad un caffè e un cornetto, incontro Fabio Mercuri, responsabile di sala e sommelier del Ristorante Osteria Briganti di Gallipoli (LE) e rivela le sue esperienze per raggiungere la professionalità acquisita.

Il suo racconto comincia con gli albori della sua carriera professionale: “Durante la pausa scolastica, nel periodo estivo, andavo a lavorare nel bar del paese, poi nella pizzeria e cosi via discorrendo sino alla conclusione della mia adolescenza, per imparare e crescere in questo mondo.

Tuttavia, a vent’anni, intraprendo il lavoro di rappresentanza durato quindici anni. Un giorno, dalla mattina alla sera, mi sono ritrovato con una lettera di licenziamento sulla scrivania e quindi senza lavoro.

Non è stato facile ricominciare, l’unico mestiere che sapevo fare bene era quello nel settore della ristorazione. Da quel momento in poi, ho iniziato a studiare con grande attenzione tutto ciò che riguardava questo mondo, vino compreso naturalmente.

Ho conquistato il diploma di sommelier, poi quello di assaggiatore di oli vergini ed extravergini, ho frequentato alcuni corsi sui distillati come il corso formativo “RumMaster” un approfondimento nel settore dei distillati, rum e cachaça. con Leonardo di Pinto, esperto di rum in Europa e ideatore dell’Italian Rum Festival. Inoltre, la ricerca e lo studio mi hanno portato a seguire un percorso didattico di numerose tipologie di Whisk(e)y, unico e completo nel suo genere passando dalla Scozia all’Irlanda, dall’America al Giappone, senza sottovalutare il resto del mondo. Storia, produzione, legislazione, degustazione a cura di Michelangelo di Toma, uno dei massimi esperti italiani di whisky di malto. Un vero guru del whisky dal quale ho imparato tantissimo sino ad arrivare al piacere di abbinare il whisky con del buon cibo”.

Fabio Mercuri, lavora all’Osteria Briganti sin dal primo giorno d’inaugurazione, nel primo anno di vita l’apertura era solo stagionale, poi lo chef, dopo aver rivoluzionato la plonge e la cucina, ha riaperto l’anno dopo, senza alcuna interruzione. La fame di progredire, di fare le cose a regola d’arte, di lavorare in team, ha dato luogo ad un’esplosione di sinergie ed energie.

Osteria Briganti è una location suggestiva e caratteristica, dalle alte “volte” a stella in pietra leccese e dal tovagliato a quadretti bianchi e rossi che ricorda le antiche osterie. In cucina lavorano cinque persone mentre in sala sono abitualmente tre per poi divenire sei nei weekend.

Che tipologia di clientela entra da voi?

“La clientela nel periodo invernale è prettamente locale, in estate la situazione cambia, i turisti stranieri arrivano già dal mese di marzo ad affollare i tavoli di Osteria Briganti. Francesi, spagnoli, tedeschi, olandesi, belgi e americani. Quest’anno l’unica fetta di mercato mancante sono i turisti russi provenienti dalla Russia mentre quelli sparsi per il mondo continuano ad essere presenti” – continua a raccontare Fabio.

La cucina è prevalentemente di mare, del territorio con i piatti che cambiano in base alla stagionalità, la poesia del Sud.

Con quale criterio selezioni i vini per la tua carta?

“La carta vini è un elemento fondamentale e importante in un ristorante. Per i primi due, tre anni cambiavo la lista anche ogni sei mesi per cercare di comprendere con quale tipo di clientela andavamo ad interfacciarci e quindi proporre la giusta offerta. All’inizio la clientela principalmente locale mi chiedeva vini del territorio, perciò ho inserito un 80% di vini locali e regionali tra vini bianchi, rosati e rossi e una piccola chicca di bianchi nazionali.

Nel tempo, con una clientela più esigente e ricercata in abbinamento alla costante ricerca in cucina, avendo come primo fornitore il mare, ho cominciato uno studio più approfondito sui vini bianchi nazionali inserendo in carta vini siciliani, campani, friulani, piemontesi e toscani. Tutto ciò richiede tantissimo tempo e lavoro di approfondimento e di degustazioni anche a casa”.

Quali vini non devono mai mancare nella tua carta vini?

Non devono mai mancare i vini definiti “espressione di un Territorio”, nel mio caso, quelli delle cantine storiche e cha hanno fatto la storia di Puglia.

La tua linea di pensiero è quella di mettere in carta solo vini che si conoscono davvero, che hai provato di persona, selezionati in base al tuo gusto e alla propria capacità di giudizio?

Proporre una carta vini con delle etichette note, come Graticciaia o le Braci, restando sul territorio salentino, rimane facile, ma fidelizzare un cliente, con vini di nicchia e meno noti e con gli artigiani del vino, è una grande soddisfazione. Quando stilo la mia carta vini, penso soprattutto all’abbinamento cibo-vino ed alle ispirazioni da seguire per fare un giusto pairing. Andando oltre il consiglio démodé del vino bianco con il pesce e del vino rosso con la carne, aprire la porta all’universo dell’abbinamento significa entrare in un contesto dove cibo e vino vanno di pari passo e si equilibrano, sia in complessità di sensazioni quanto in struttura al gusto ed all’olfatto.

Il lunedì, il mio giorno libero, è dedicato allo studio e alla ricerca. Mi sposto fuori provincia, a volte anche fuori Regione, per sperimentare e assaggiare piatti nuovi, conoscere la filosofia di quel determinato chef e degustare vini che non conosco, vini che non ho mai bevuto. Andare per cantine, girare i vigneti e parlare con i vignaioli richiede voglia, tempo ed anche denaro: però è un esercizio utile e fondamentale, per trovare le chicche giuste che possono stupire i propri clienti. La sete di sapere mi porta a scoprire sempre nuovi orizzonti in questo campo straordinario,  difatti, ho appena finito di partecipare ad un corso di “professione sala” progettato da Gambero Rosso Food & Wine Academy a Lecce, rivolto ai professionisti del settore per arricchire il bagaglio di competenze. 

Ti fai influenzare dalle mode e dalle tendenze?

“Solo in parte, principalmente accade con le bollicine e ti faccio un esempio: tempo fa, ho inserito in carta un metodo classico Trentodoc, di cui sono innamorato, invece non ha trovato il riscontro da me auspicato con la clientela. Mentre altri sono richiestissimi.  

Quindi bisogna saper bilanciare e comporre delle proposte in base a innumerevoli fattori, a volte anche in base alla moda e alle tendenze. Per i vini fermi viceversa è differente, almeno per me, gli avventori abituali poi mi seguono e mi danno tanta soddisfazione nello sperimentare sempre nuove proposte”.

Consigli per i clienti, come riconoscere o saper scegliere un buon vino dalla carta.

Da quanti vini è composta la tua carta vini? il cliente che si siede al tavolo come fa a scegliere un vino tra i tanti?

“Attualmente la carta vini è composta da 160 etichette suddivise in champagne, bollicine nazionali (Franciacorta e Trentodoc), metodo classico del territorio pugliese, una pagina discreta di vini bianchi locali, una pagina importantissima di vini bianchi nazionali, poi rosati e rossi locali. Senza dimenticare distillati di pregio, liquori e amari”.

Tengo tantissimo a sottolineare che, con una cucina come quella tradizionale del pescato del giorno e quindi del posto, il vino in abbinamento deve rispecchiare il proprio territorio tanto che sono incluse, quasi 25 etichette di vini rosati e altrettante di vini rossi. Al turista, quasi sempre, consiglio e sposto l’attenzione sui vini rosati, poiché la Puglia è tra le zone più vocate d’Italia”.

Con i turisti come ti comporti, quali vini suggerisci principalmente?

“Innanzitutto, con i clienti cerco di capire la zona di provenienza e cosa sono abituati a bere a casa. Se un cliente entra con un’idea precisa, assecondo il suo volere, ma se lo stesso ritorna più volte, chiedendomi la medesima etichetta allora cerco di stuzzicare la curiosità raccontando di etichette differenti dalla sua solita scelta. Mi capita spesso di avere avventori che prenotano per il giorno dopo o per tutti i giorni della loro vacanza perché si sono trovati bene. Alcuni di loro tornano anche negli anni avvenire, prenotando un tavolo un mese prima del loro arrivo in Salento, creando e sigillando la fiducia che si è instaurata, per me punta di orgoglio.

Come dicevo poco fa, al turista consiglio un vino regionale noto oppure un vino di nicchia, meno conosciuto tra la gente comune. Per fare un esempio, in carta è presente un Pinot Nero vinificato in bianco, della zona di Acquaviva delle Fonti (BA), davvero straordinario, oppure consiglio etichette nuovissime del panorama vinicolo, come l’ultima nata di una storica azienda di Alezio in provincia di Lecce, un vino rosato da uve Primitivo. Un vino giovane che piace ai giovani, con chiare influenze francesi e che matura in acciaio da abbinare a tartare di mare e pesce crudo. In carta abbiamo una varietà di scelta anche in base al prezzo, ci sono dei vini cosiddetti “base” davvero interessanti e piacevoli. C’è n’è per tutti i gusti!”.

Le abitudini di consumo sono cambiate, una buona proposta di vino al bicchiere, può convincere gli indecisi a bere di più?

“La proposta del vino al calice comporta di possedere il giusto quantitativo di materiale (calici) e una struttura che regga un ritmo adeguato.

Io uso un’altra metodologia di approccio, nella mia carta vini sono inserite tante bottiglie “demi” di 0.375 Litri, dallo Champagne alle bollicine italiane, Franciacorta, Prosecco, vini bianchi locali, bianchi nazionali, rosati e rossi.

Un altro aspetto per me importante è avvicinarmi al tavolo ed aprire la bottiglia davanti al cliente anche in formato demi, di conseguenza versare il vino da una bottiglia già aperta non possiede il medesimo valore. Il discorso cambia se si utilizzano appositi strumenti in cui il vino non perde le caratteristiche intrinseche organolettiche, in sintonia con il gesto e l’eleganza di chi fa la mescita.  Spesso al tavolo, si trovano persone con gusti e preferenze di vino differenti e il formato “demi” le porta a selezionare e a cambiare “scelta” nel corso del pranzo o della cena per sperimentare, quindi ritengo che la mia proposta convinca a bere di più anche gli indecisi.

Da queste parole si carpisce l’idea e l’importanza di una carta dei vini fatta bene, della rispondenza con la cucina proposta e soprattutto che, all’interno di un locale, ove la carta dei vini viene proposta, vi sia un sommelier professionista o almeno un referente che abbia buon senso, buona conoscenza enologica e possibilmente enogastronomica. Si auspica, insieme alle competenze, anche il sorriso e la perfetta accoglienza che il cliente si aspetta ogni qualvolta varca una location ricettiva.

Fabio e il suo team hanno fatto di questi presupposti, veri e autentici, il loro valore aggiunto.